lunedì 20 giugno 2016


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lunedì 13 giugno 2016

Orientarsi con il telefonino (3)


Vediamo ora quattro tra le più famose apps GPS per Android; naturalmente potete trovarne tante altre, anche per iPhone e WinPhone. Vi consiglio di provarle, molte sono tra l’altro gratuite, e poi scegliere quella che preferite. Se avete sufficientemente spazio di memoria, potete pure installarne più di una; infatti magari, preferite l’una o l’altra a secondo delle funzioni che offrono. Però il mio consiglio, soprattutto se siete dei principianti, è installarne una sola, impararla ad usare bene e poi in seguito si vedrà!



OruxMaps E’ l’applicazione che personalmente utilizzo di più. Completamente gratuita, molto ricca di funzioni e menù, aggiornata frequentemente. E’ molto ben fatta e rende il vostro smartphone molto simile a un vero GPS portatile per outdoor. Consente di caricare una traccia per seguirla, registrarne una nuova, memorizzare i waypoint, registrare tutti i parametri del vostro percorso (velocità, pendenza, calorie consumate, … etc), visualizzare una bussola elettronica e tante altre funzioni.

Inoltre ha la possibilità di usare mappe off-line e anche di poterle creare e modificare. Essendo una delle più famose, potete trovare su Internet, oltre al suo sito ufficiale, tanti tutorial e anche tante risorse utili come mappe e tracciati, anche fatti da altri, già pronti da scaricare.

Se vogliamo, il suo unico difetto è quello di essere un po’ troppo ricca di funzioni e di opzioni (molte sono utili in casi molto rari), quindi il suo uso non è proprio intuitivo e il suo apprendimento non è facile e richiede un po’ di tempo e di impegno. Ma alla fine sarete sicuramente ricompensati !



Locus Map E’ un’ app che esiste sia nella versione gratuita “LocusMap” sia nella versione a pagamento “Pro” con molte funzioni in più e comunque ad un costo molto basso per quello che offre. Ha una serie di opzioni che la rendono utile in molte situazioni, anche per andare in vacanza o per gli spostamenti in auto. Le funzioni di tracking sono davvero degne di nota e possono anche essere condivise su Internet tramite la funzione Live Tracking. Naturalmente consente di operare con mappe off-line, anzi è anche presente uno “store” da cui si possono scaricare ad un prezzo ragionevole moltissime mappe aggiornate per vari utilizzi. La sua organizzazione in moduli è molto comoda: si possono visualizzare o nascondere le diverse funzioni, personalizzandola a proprio piacimento. Da questo punto di vista, il suo uso è più semplice rispetto a OruxMaps.

Molto curata anche la gestione dei POI (Point of Interest) ovvero quei punti che sono di vostro interesse (rifugio, rudere, grotta, rifornimento, … etc) e che volete registrare sulla mappa per ritrovarli quando vi servono; sono disponibili tante icone con grafica diversa che vi permettono di distinguerli ed evidenziarli meglio.
Locus Pro è un’applicazione stabile, ma può essere rallentata per alcuni tempi di caricamento nella gestione delle mappe. Anche il consumo di batteria è piuttosto elevato per una app di questo genere.


AlpineQuest Tanto per rendere l’idea quest’app viene presentata come “Un GPS perfetto per avventurieri”. Ed effettivamente è un’applicazione GPS con mappe topografiche progettate avendo in mente le esigenze di chi pratica sport all’aria aperta, come il climbing, il trekking, la caccia, la vela, …etc. E’ presente una bussola integrata che visualizza anche informazioni sulla vostra posizione mostrandovi le coordinate con le informazioni riguardanti altitudine e latitudine. Questi dati possono essere esportati verso altre applicazioni o condivisi tramite Internet.

AlpineQuest GPS offre un enorme elenco di statistiche che vi mostreranno, ad esempio, le distanze coperte, l’altezza massima che è stata raggiunta, la durata di ogni escursione, .. etc. La sua interfaccia è semplice e molto confortevole con un’aspetto grafico classico, non troppo “tecno”, che la rende anche piacevole.

Anche questa app, come la precedente è disponibile in due versioni: AlpineQuest GPS Hiking (Lite) che è gratuita, AlpineQuest Escursioni GPS a pagamento. In pratica l’unica differenza tra le due è che quella a pagamento ha un supporto di mappe più esteso grazie anche alla possibilità di poter accedere ad un catalogo mappe di una sua community. Ma in ogni caso anche la versione Lite supporta il salvataggio di mappe off-line.
L’unico limite di entrambi le versioni è che i formati mappa supportati sono solo due (.aqm e .qct) non molto diffusi, quindi molte mappe disponibili in altri formati più comuni (geoTiff, GPX, … etc) non si possono usare.

OsmAnd Questa app è quella che risulta più simile a Google Maps, con la differenza che può funzionare anche senza Internet (con mappe off-line) e si basa sulle mappe di OSM da cui il nome (Openstreetmap Android). OsmAnd è stata pensata principalmente per l’orientamento cittadino e stradale, diciamo come i più diffusi navigatori per automobili; tuttavia ha delle buone funzioni anche per gli utenti che fanno trekking o seguono percorsi fuoristrada tortuosi, spesso non disponibili sulle mappe di altri sistemi di navigazione ma accessibili qui grazie ai dati inseriti dai volontari (che è lo spirito di OSM!). Anzi per coloro che sono anche “contributors” di OSM, cioè utenti registrati che contribuiscono al suo aggiornamento, c’è anche la comodità che tramite OsmAnd si ha la possibilità di trasferire i rilievi fatti sul campo direttamente in OSM.

Tra le sue funzionalità troviamo: navigazione completamente off-line, download di qualsiasi mappa (continente, paese, regione), punti di interesse, mappe satellitari e percorsi fuoristrada. In particolare tramite dei plugin si ha la possibilità anche di avere delle mappe con curve di livello e l’ombreggiature dei rilievi (che rende un bel effetto 3D) e anche carte nautiche. Esiste sia la versione gratuita che la versione a pagamento (OsmAnd Plus) che però ha un costo veramente irrisorio; questa ha in più altre funzionalità opzionali come: la registrazione del percorso GPX in locale (sul dispositivo) o attraverso un servizio online e la visualizzazione dell’altitudine e della velocità.

Nino Formica

lunedì 6 giugno 2016

Orientarsi con il telefonino è possibile ? (2)


Quali sono dunque le caratteristiche tecniche consigliate per uno smartphone da utilizzare per orientarci durante le nostre escursioni ? La prima cosa da attenzionare è la qualità del GPS integrato. Abbiamo già detto che tutti gli attuali smartphone sono dotati di un chip GPS + antenna integrata; nelle impostazioni del vostro telefonino trovate sicuramente la  funzione per attivarlo e disattivarlo.
  


Però non hanno tutti le stesse prestazioni. Nelle recensioni di smartphone si parla generalmente anche di questo; potete cercare sul web il vostro modello+marca e vedere cosa scrivono sulle prestazioni del GPS. 



Ma qual’è la funzione del ricevitore GPS? Non scendiamo in dettagli tecnici, il discorso è abbastanza lungo e complesso; diciamo semplicemente che esso deve rilevare il segnale dei satelliti del sistema GPS che orbitano intorno alla Terra e grazie a questi darci la nostra posizione (cioè quella del telefonino) sul terreno.
Per capire se questo avviene in modo efficace ci sono diverse apps che verificano appunto il funzionamento del GPS; io per Android vi consiglio GPS test. In pratica questa app vi segnala quanti satelliti state agganciando, con quale livello di segnale e di conseguenza la precisione con cui viene rilevata la posizione (in feet o in metri, potete scegliere). Quanto più questo avviene velocemente e quanto più è grande la precisione (distanza piccola) e tanto più è buono il vostro GPS. Tutto questo dopo che è stata raggiunta la condizione “3D fix” stabile.


Un’ avvertimento: la prima volta che fate questo test, esso impiegherà più tempo (perché il sistema registra le posizioni dei satelliti: le effemeridi), ma le volte successive dovrebbe essere più veloce. Inoltre queste prove vanno fatte all’aperto (no dentro casa !) e in un posto dove la volta del cielo è ben visibile senza ostacoli. Per esempio se siete in una strada stretta circondata da palazzi, la difficoltà di rilevare il segnale dei satelliti è maggiore.
Ah dimenticavo ! Un’altra precisazione importante: il funzionamento del GPS del vostro telefonino non c’entra nulla col segnale della rete cellulare, per capirci con le “tacche” che vi vengono segnalate. E infatti il GPS funziona anche se siete in una zona non coperta da segnale GSM; questo è molto utile perché appunto, se il GPS funziona bene e avete già le mappe precaricate (ne parliamo più avanti) potete usarlo dovunque per le vostre escursioni, anche se non vi funzionano le chiamate telefoniche e Internet.




L’altra qualità importante che deve avere il vostro smartphone è una buona durata della batteria. Beh, il motivo lo capite da soli; se siete in giro senza possibilità di ricaricare e il cellulare vi si scarica, siete in panne (ecco perché spesso, io comunque una cartina tradizionale di scorta me la porto sempre!). Tenete conto di una cosa: quando il GPS è acceso il vostro cellulare consuma di più. Quindi per risparmiare la carica, se per esempio consultate una mappa ma non vi serve sapere dove siete di continuo (come quando si deve registrare una traccia) potete accendere il GPS solo all’evenienza. Diciamo che è bene che il vostro smartphone abbia un’autonomia di almeno 4-5 ore sempre accesso e comunque almeno per il tempo che pensate di restare fuori. Oppure dotatevi di una batteria esterna di riserva (power bank).

Anche la memoria interna del cellulare è importante; chiaramente mi riferisco allo spazio libero che vi rimane. I motivi sono principalmente due. Il primo è che queste app che simulano un GPS cartografico, di per se usano la memoria per registrare dati mentre le usate; per esempio: le vostre tracce (tracks), i punti di posizione (waypoints) e tante altre informazioni come: velocità, direzione, pendenza, … etc. Il secondo è che se volete precaricarvi delle mappe off-line (vedremo tra un po’ a cosa serve) queste richiedono abbastanza spazio, tanto più quanto più è estesa la regione che coprono ed il livello di dettaglio (o la scala). Quindi se avete poca memoria e il vostro telefonino lo consente, aggiungeteci un altro modulino SD di memoria.


Una dimensione dello schermo abbastanza grande è un elemento non essenziale, ma comunque utile. Se dovete visualizzare delle cartine e avete uno schermo piccolo, impazzite! D’altra parte neanche esagerare conviene, perché altrimenti avete un cellulare troppo ingombrante e che consuma anche di più. Diciamo che una dimensione ottimale è di 5”-5,3”. E’ importante anche che lo schermo abbia una buona risoluzione (per la nitidezza dell’immagine) e un buon contrasto anche in piena luce del sole; può essere utile anche applicare una pellicola antiriflesso.

Per finire con le caratteristiche dello smartphone, sarebbe meglio che esso fosse il più possibile impermeabile; non tanto all’immersione (caratteristiche che ancora possiedono pochissimo modelli) ma almeno alla pioggia e alla forte umidità in cui potete incappare facilmente quando siete all’aperto o in una zona con una fitta vegetazione.

Un problema che non c’entra con le caratteristiche tecniche dello smartphone, ma che è bene esaminare ora (prima di parlare delle apps che vi segnaliamo) è quello delle mappe o cartine se preferite. Infatti dato che stiamo parlando di GPS cartografici, senza le mappe digitali che coprono la zona che vi interessa e con un scala ed informazioni cartografiche sufficienti per quello che vi serve, non potete fare nulla!


Ora, da questo punto di vista, le diverse apps vi consentono di collegarvi, tramite Internet, a dei provider di mappe gratuite (come per esempio Openstreetmap o MapQuest e a volte anche a Google Maps) o a dei cosiddetti map-server che pubblicano cartine tramite il servizio WMS (Web Map Service). Questi ultimi di solito sono forniti da enti nazionali come il PCN per l’ Italia (Portale Cartografico Nazionale) o enti regionali come per esempio il SITR della Regione Sicilia.

Ogni app ha sempre un menù che vi permette di scegliere da un elenco di mappe, quella che preferite, e alcune anche la possibilità di configurare un collegamento WMS ad un map-server. Ma queste mappe caricate tramite Internet (dette on-line) hanno due grossi limiti:
1. richiedono appunto che siate in una zona con una buona copertura del segnale-dati (se il collegamento c’è ma è lento, vedrete le mappe apparire a pezzettini molto lentamente);
2. può essere che esse non soddisfino le vostre esigenze, cioè non coprono la zona geografica che vi serve o sono troppo generiche (per es. manca la sentieristica) o con una scala troppo piccola (poco dettagliate).

A proposito di scala, vi dico subito che il per trekking e comunque altre attività outdoor (MTB,, caccia, hiking, geocaching, … etc) quella minima accettabile è 1:25.000. Io quando posso, uso carte anche con scala più grande (maggiori dettagli) come la 1:10.000.

Per questo motivo, tenuto conto che facilmente potrà succedervi di trovarvi in zone senza la copertura Internet (o con segnale molto debole), è molto importante che l’app che scegliete abbia anche la possibilità di salvare mappe off-line, ovvero nella memoria del telefonino. Cosa vuol dire? Vuol dire che prima di andare “per boschi”, quando siete ancora comodamente a casa vostra e con il collegamento Internet funzionante, vi cercate le cartine che vi servono (o pezzi di cartine) ve le scaricate e poi le salvate nel vostro cellulare.

In alcuni casi è l’app GPS stessa che vi consente queste operazioni di salvataggio e di editing (ritaglio, unione, … etc) delle mappe; in altri casi potete farlo con appositi programmi sul PC (uno famoso è OziExplorer) o anche con sistemi GIS come QGIS (per chi è più avvezzo con questi SW) e poi trasferirle e salvarle sul telefonino. Il modo di gestire le mappe off-line e i formati dei file supportati (Tiff, GPX, KML, … etc) cambia da app ad app e quindi qui non possiamo scendere nei dettagli di come si fa.
Ma ripeto, l’importante è comunque che l’app che scegliete supporti le mappe off-line.

lunedì 30 maggio 2016

Orientarsi con il telefonino è possibile ? (1)

Corsi OruxMaps

Quando ci troviamo in una zona che non conosciamo e vogliamo spostarci da un un punto a un altro, oppure sapere semplicemente dove ci troviamo, la cosa che istintivamente facciamo di solito è chiedere informazioni a qualcuno. Forse questo è ancora possibile se ci troviamo in una città o comunque in un centro abitato (ma non è detto che le indicazioni che ci danno siano chiare !) figuriamoci poi se ci troviamo in aperta campagna, in un bosco o in montagna. Il rischio di perdersi o scegliere dei percorsi sbagliati è molto alto.
Fino a pochi decenni fa, per l'orientamento all'aperto l'unica soluzione alla portata di tutti era dotarsi di una cartina geografica (meglio se topografica) e di una bussola; poi naturalmente conoscere almeno le basi di come usarle. 


Esistevano già i primi ricevitori GPS (Global Position System) frutto della tecnologia satellitare, capaci di indicarci immediatamente e con una buona precisione la nostra posizione sul terreno; ma questi, oltre ad essere ancora abbastanza costosi e ingombranti, comunque richiedevano ancora l'uso delle cartine. Infatti erano solo di tipo alfanumerico cioè fornivano solo dei numeri: le coordinate (latitudine e longitudine) del nostro punto; ma per capire effettivamente dove ci trovavamo, queste dovevano essere poi riportate su una carta topografica della zona. 

Man mano la tecnologia si è evoluta, i costi si sono abbassati e sono comparsi i cosiddetti GPS cartografici, cioè dotati della possibilità di visualizzare anche le mappe (cartografia digitale) e quindi poter vedere direttamente i nostri spostamenti (tracce) sul terreno. Il boom dei "navigatori satellitari" per le automobili è un esempio chiaro di questa evoluzione che penso conosciamo tutti! 
Ma, anche se noto solo per gli addetti ai lavori, lo stesso è avvenuto anche per i ricevitori GPS portatili (handheld GPS), cioè quegli aggeggi simili nell'aspetto a una ricetrasmittente che possiamo portarci dietro dove vogliamo anche a piedi oppure in bici. 

I geometri e i topografi ma anche gli appassionati di trekking e di mountain-bike li conoscono molto bene e anche i siti web da cui poter scaricare cartine e percorsi sono ormai molto diffusi. Ce ne sono per tutti i prezzi e per tutti i gusti, con funzionalità più o meno avanzate a secondo dell'uso che se ne deve fare.
Pur tuttavia, questi ricevitori GPS hanno un prezzo che non è bassissimo; diciamo che orientativamente si parte da un minimo di 150-200 euro per arrivare anche fino ai 1000 euro per i modelli più sofisticati!
Naturalmente per molti che magari si fanno solo qualche passeggiata in campagna o che comunque ne hanno una necessità molto occasionale, è una spesa non giustificata. E allora che si può fare?



Beh, fortunatamente degli apparecchi che invece abbiamo ormai quasi tutti (anche se alcuni costosi !) sono gli smartphone comunemente detti telefonini e questi sono tutti dotati anche di un ricevitore GPS. Questo naturalmente non sarà della stessa qualità dei ricevitori professionali, ma comunque più che accettabile per le precisioni che servono normalmente; poi chiaramente, alcuni saranno migliori di altri a secondo del modello di smarphone. 



Perciò, specie in questi ultimi anni, non si contanto le "apps" scaricabili che  consentono a tutti gli effetti di usare un telefonino come se fosse un GPS cartografico con tanto di mappe digitali e bussola elettronica. Anche se non proprio appartenente a questa categoria, Google maps è un esempio abbastanza noto che abbiamo tutti già installato e conosciamo bene ; ci fa vedere delle mappe, dei percorsi e la nostra posizione, e il suo uso in città o sulle strade segnalate va più che bene. Ma se dobbiamo fare attività all'aperto (outdoor) o trekking, le cartine di Google maps non sempre sono sufficienti e poi ci servono delle altre funzionalità di base che esso non ha.

E infatti, come dicevamo, esistono tante apps più specializzate per questi scopi e per tutti sistemi di smartphone (Android, iPhone, Windows mobile); tante sono gratuite e alcune a pagamento  ma comunque con un costo veramente irrisorio. Se cercate con Google Play Store (o App store per iPhone) ne trovate una miriade con il rischio di confondervi. Per aiutarvi, almeno per iniziare a conoscerle, in questo articolo ve ne segnaleremo alcune che, per opinione diffusa  sono tra le migliori o comunque tra le più note. 
Nel prossimo articolo, prima di affrontare l'argomento apps vedremo quali sono le caratteristiche tecniche consigliate che uno smartphone deve avere perchè, pur non potendo avere le stesse prestazioni di un vero e proprio GPS per outdoor, possa comunque simularne decentemente il funzionamento.







martedì 17 maggio 2016

Una passeggiata a... Pantalica (da Sortino)

Raggiunta Sortino seguite la cosiddetta Via Pantalica o SR 11 fino ad uscire fuori dal paese, dopo aver percorso poco meno di un chilometro appena superato il ponte sul Torrente Guccione troverete, alla vostra sinistra, una traversa sterrata che vi condurrà all’Eremo di “Santa Sofia ‘a Rassu”.


L’eremo, cosi chiamato per essere posto fuori dall’abitato attuale, “in basso”, fu costruito nella seconda metà del XVI secolo nei pressi di una piccola grotta dove, secondo le credenze popolari, avrebbe vissuto in eremitaggio la Patrona di Sortino “Santa Sofia”.

L’edificio recentemente restaurato è posto su di un dirupo sotto cui è si trova la cosiddetta “Sorgente di Santa Sofia”, che si sarebbe formata grazie ad un prodigio della stessa Santa.








La facciata della chiesa è piuttosto semplice, caratterizzata solo da un grande portale centrale di forma arcuata delimitato da due colonne che sorreggono una trave merlata e da un finestrone di forma rettangolare; i due pilastri laterali sorreggono il frontone della chiesa. 

Foto: http://www.lct-architettura.it/Restauri/&id=54






All’interno vi è una sola Navata in cui possiamo ammirare la volta lignea (collocata dopo il crollo di quella originale) e gli eleganti altari.
Vicino all’Eremo possiamo anche visitare la “Grotta di Santa Sofia” in cui si crede che al suo interno abbia vissuto “Santa Sofia” fino a quando non venne martirizzata. Questa grotta, adibita ad “Oratorio Rupestre” nel periodo bizantino, ospitò per un certo periodo anche le spoglie mortali di “Santa Sofia” prima di essere trasferite nell’omonima chiesa a Sortino.

Visitata Santa Sofia “a Rassu” proseguite in auto lungo la SR 11 per circa 4,5 km fino ad arrivare all’ingresso di Pantalica detto “lato Sortino”, da qui inizierà la vostra escursione.







Seguite il sentiero che vi condurrà in breve sul costone che sovrasta il torrente Calcinara e proseguite verso il fondo cava, attraverso il caratteristico percorso a scalini intagliato nella roccia viva.








Dopo esservi rinfrescati nelle limpide acque del torrente, guadatelo e risalite l’altro versante della cava.


Da qui inizia la vostra avventura a Pantalica oggetto di due importanti campagne di scavo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 ad opera di Paolo Orsi e poi, intorno agli anni ‘50 del ‘900 da Luigi Bernabò Brea, a loro dobbiamo, ancor oggi, gran parte delle notizie scientifiche sul sito.

Le origini di Pantalica non sono ancora note, certamente la grande comunità sicula che qui viveva venne distrutta da conquistatori greci e solo l’immensa necropoli, che conta circa cinquemila tombe, ci rende testimonianza delle dimensioni che doveva avere in era protostorica, il complesso.
In età greca il sito perse d’importanza fino a diventare zona periferica della città di Siracusa o di altre poleis vicine, mentre un nuovo ripopolamento del sito si ebbe nel periodo della dominazione bizantina. Pantalica vide allora la fondazione non solo di villaggi, che hanno sfruttato e ampliato le grotte delle necropoli preesistenti, e si sono sviluppati spesso attorno alle chiese rupestri, ma anche l’insediamento di una legione militare.

Gli insediamenti “bizantini” di Pantalica si trovano ai margini di una piccola pianura lunga circa 1200 metri e larga 600, racchiusa dal corso dei torrenti Calcinara ed Anapo. Sotto tale pianoro, lungo i fianchi della cava, si possono scorgere le tracce più importanti dei diversi insediamenti umani, costituiti da tre villaggi ognuno dotato di una propria chiesetta rupestre. (http://www.comunesortino.gov.it/download/guida-pantalica.pdf)


Il primo insediamento che troverete venendo “dal lato Sortino” si trova a ridosso della necropoli Cavetta, il secondo villaggio è posto sotto il cosiddetto Anaktoron o Palazzo del principe, nella necropoli Sud con centro religioso l`oratorio di S. Nicolicchio, il terzo e più grande di questi agglomerati rupestri è quello posto tra la necropoli Sud e la sella di Filipporto, composto da più di 150 abitazioni a più stanze e dalla grotta di San Micidiario.



Se la vostra escursione non prevede che un solo giorno vi consigliamo di limitarvi alla visita del primo insediamento quello della Cavetta. L’abitato conta circa 70 abitazioni ed aveva come centro religioso annesso l’oratorio della grotta del Crocifisso.


La grotta è ubicata lungo un viottolo che porta alla Necropoli Nord e presenta un impianto irregolare tendente al rettangolo e sembra essere composta da due ambienti contigui disposti in modo non assiale, la parete anteriore della grotta è franata.
Nella parete di destra si trova l’abside rettangolare, dove Orsi individuò “flebili tracce” di una Crocifissione fiancheggiata da una figura femminile, riconoscibile con la Vergine. Lungo le pareti dell’ambiente di sinistra si nota la figura di San Nicola.






Il dipinto raffigurante una santa non identificata fu staccato all’inizio del XX secolo e si trova attualmente conservato presso i magazzini del museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa.

Foto: http://www.instoria.it/home/pantalica_sicilia_II.htm







Nei pressi del villaggio della Cavetta da segnalare la cosiddetta grotta Trovata, praticabile solo da esperti speleologi, secondo recenti studi geologi si tratterebbe di una “paleorisorgenza”, cioè di una cavità dalla quale fuoriusciva acqua prima dell’abbassamento del livello della falda freatica in seguito al sollevamento tettonico che ha interessò la zona circa un milione di anni fa. Oggi, purtroppo, la grotta si trova in un deprecabile stato di abbandono e molte splendide stalattiti, stalagmiti e colonne sono state distrutte o asportate.

Visitabile invece anche da visitatori non particolarmente attrezzati e la grotta dei pipistrelli, che versa in uno stato di conservazione nettamente migliore, posta su una parete rocciosa sul torrente Calcinara.

La caverna, lunga circa 270 metri, così chiamata perché offre rifugio a una numerosa colonia di pipistrelli, ha un andamento abbastanza orizzontale comodamente percorribile perché larga mediamente una decina di metri.





Seppur non dotata di particolari concrezioni presenta al suo interno le cosiddette “marmitte inverse”, che fanno assumere alla volta un aspetto a cupola più o meno arrotondata. Fino al secolo scorso, come testimoniano anche alcune scritte incise sulle pareti, la grotta è stata intensamente sfruttata dall’uomo come miniera di guano considerato un ottimo fertilizzante naturale.
(http://www.pleinairbds.it)







Vitata anche la grotta dei pipistrelli non vi resta che ritornare dalla stessa strada che avete percorso all’andata, facendo in modo di essere in macchina prima che faccia buio.


Mappa: http://www.pantalica.org/piantap

venerdì 6 maggio 2016

Efisio Picone, un ricordo a vent'anni dalla scomparsa

E. Picone nel 1990 ad Otranto
Il 7 Maggio di vent’anni fa ci lasciava, o come avrebbe preferito lui, raggiungeva l’Oriente Eterno, Efisio Picone, pioniere siracusano di tante battaglie urbanistiche in difesa del centro storico.

Nato nel 1945, sin da ragazzo mostrò chiaramente la sua indole associativa e divulgativa, fondando e animando il giornalino del liceo classico “Il GARGALLinaccio”.
Poco più che ventenne, come non pensare così al tipo di contributo offerto dai suoi coetanei di oggi, avviò una strenue battaglia per la salvaguardia di Ortigia contro ogni tipo di speculazione edilizia, allora ampiamente tollerata da gran parte dell’opinione pubblica. Un suo articolo pubblicato sul settimanale La Domenica, nell’Agosto 1969, dal titolo Giochi di prestigiazione rimane ancora oggi, non solo un eccellente esempio di scrittura ma soprattutto una delle più clamorose denunce sulle tematiche urbanistiche ed ambientali del tempo. 


E. Picone con Bernabò Brea





Dalle sue battaglie in difesa del territorio nacque senza dubbio la sua sfrenata passione per l’archeologia, che lo portò, dalla fine degli anni sessanta e per oltre un decennio, a collaborare attivamente con la sovrintendenza archeologica di Siracusa, in numerose campagne di scavo e in stretta sinergia con il sovrintendente del tempo, il grande archeologo, Luigi Bernabò Brea. 

E. Picone con S.L. Agnello




Negli stessi anni collaborò anche con la pontificia commissione di archeologia sacra e con i professori Giuseppe e Santi Luigi Agnello, in ricerche condotte nelle catacombe di Santa Lucia e San Giovanni a Siracusa.





La copertina di "Ruspe e vecchi palazzi"
Ancora negli anni Settanta nacquero su suo impulso, numerose iniziative culturali; il Centro siciliano d’iniziative archeologiche, l’associazione culturale Luigi Einaudi, e diverse iniziative editoriali tra cui “Ruspe e vecchi palazzi” pubblicato nel 1974, vero e proprio pamphlet polemico dall’emblematico sottotitolo “Polemica per il centro storico”. 
Queste il fulminante incipit: 
"Si dice comunemente che al peggio non c’è fine; questo ancora è vero.
Leggevo la notizia sui giornali locali, alcuni giorni or sono; con apposita ordinanza è stata ingiunta la demolizione di un vecchio e cadente edificio in via del Consiglio Reginale, all’angolo con Corte degli Avolio.
Detto edificio vecchio lo è senza dubbio, pare anzi che la sua costruzione sia antecedente al terremoto del 1693 e forse, proprio per questo, c’è qualche maligno che lo definisce “antico”.


Controcittà nr 6 del 2 Ottobre 1976






Ulteriore iniziativa d’avanguardia, in campo divulgativo, fu il settimanale “Controcittà”, edito nel 1976. A leggere, ancora oggi, i contenuti di “Controcittà”, ed il titolo la diceva già tutta sullo stile editoriale, non si può che rimare ammirati dal tono tagliente dei suoi contenuti politici o dalla lungimiranza di alcune battaglie per la difesa del territorio. 










Nel 1979 pubblicò un breve saggio sul Castello Maniace e sulle fortificazioni spagnole di Siracusa, ristampato nel 1995 su iniziativa del Rotary club di Siracusa.

Dopo oltre un ventennio di battaglie in difesa del centro storico della sua città, il conseguimento della laurea in archeologia coronò anche il sogno di un riconoscimento in ambito accademico del suo lavoro.

Dal 1985 collaborò in qualità di archeologo con la cattedra di topografia antica dell’Università di Catania, e con le sovrintendenze di Agrigento e della Puglia, per poi a metà anni ‘90 ritornare a collaborare con quella siracusana.

A vent’anni dalla morte, il nostro affettuoso ricordo valga quale sincero ringraziamento, seppur tardivo, della sua opera !

giovedì 5 maggio 2016

Mons. Salvatore Giardina, Siracusa dedichi una via cittadina

Presentata al Sindaco di Siracusa ed alla Commissione toponomastica, una nostra richiesta per intitolare una via cittadina a MONS. SALVATORE GIARDINA.

Di seguito il testo della richiesta









                                                                                            Spett. Sign. SINDACO
                                                                                            Comune di Siracusa
                                                                                            S E D E 

                                                                                            Commissione Toponomastica
                                                                                            Comune di Siracusa
                                                                                            S E D E

Siracusa, 03/05/2016

Oggetto: Richiesta intitolazione strada cittadina a Mons. Salvatore Giardina

L’associazione LA NOSTRA TERRA attiva nel campo dello studio e della salvaguardia del territorio siciliano venne costituita nel 1999 su iniziativa di alcuni ex appartenenti all’associazione scout di Siracusa con sede presso il Santuario Madonna delle lacrime.
Tra le figure di spicco che contribuirono alla formazione sociale e religiosa dei soci promotori dell’associazione, e di innumerevoli altri giovani siracusani, la figura di Mons. Salvatore Giardina  è certamente la più importante e meritevole.
Salvatore Giardina, (Melilli (SR) 16/12/1914, + Siracusa 20/09/1994) giovane rettore della basilica di S.Sebastiano a Melilli, svolse nella città natale una importante azione umanitaria nei giorni dello sbarco alleato, durante l’ultimo conflitto mondiale, costituendo squadre di soccorso alla popolazione, oggetto di bombardamenti.
Su sua iniziativa si formò il primo gruppo scout d’Italia (Settembre 1943) dopo la soppressione del movimento scoutistico attuata dal regime fascista.
Fu per molti anni insegnante di religione presso l’istituto magistrale ed il liceo classico di Siracusa.
Rettore del Santuario dal 1970 alla sua morte, portò tra l’altro a compimento l’erezione del tempio superiore, come oggi lo conosciamo.
Autore di pubblicazioni e volumi, di storia patria e di carattere religioso.
Oltre ai numerosi ed importanti incarichi diocesani , Mons. Giardina va ricordato soprattutto per le sue eccezionali doti di educatore di intere generazioni di giovani siracusani, spesso attratti dalla proposta del metodo scout. 

Per tali ragioni e altre consultabili nella pubblicazione “Padre S.Giardina” di P. Magnano che si allega alla presente, si chiede che venga onorata l’insigne attività del prelato siracusano con l’intitolazione di una strada cittadina.


Distinti saluti
                                                                                                            Il Presidente
                                                                                                  (D.ssa Angela Messina)





































giovedì 28 aprile 2016

Beni culturali siciliani... è ora di dire basta !


Questi alcuni titoli che il quotidiano La Sicilia ha dedicato Sabato 23 Aprile e Domenica 24 Aprile 2016 alla situazione dei beni monumentali ed archeologici siciliani e siracusani in particolare.














Naturalmente quelli de La Sicilia, da bravi giornalisti, hanno sentito il dovere di interpellare anche i riferimenti politici e istituzionali della gestione dei beni culturali.
Le risposte ? Eccole:







L’assessore regionale Carlo Vermiglio, in carica dal 4 Novembre 2015, dichiara testualmente di non avere ancora “un quadro chiaro” della situazione e di aver chiesto “relazioni dettagliate”











La sovrintendente di Siracusa Rosalba Panvini: “Sono rammaricata, non abbiamo fondi disponibili” 







Se queste sono le risposte della classe dirigente siciliana, preposta alla tutela e valorizzazione dei nostri beni culturali, siamo messi davvero male !

Ma di chi sarebbero secondo loro le responsabilità di tale stato di fatto ?

Non sono proprio l’assessorato regionale ed i suoi massimi dirigenti a dover intervenire tempestivamente per risolvere il problema ?

O forse la colpa, come dice la sovrintendente, è della pioggia che favorisce la rapida crescita delle erbacce ?

Questo tipo di atteggiamento “rammaricato”, rassegnato e, diciamolo pure, irresponsabile con cui un assessore regionale ed un sovrintendente si approcciano ad un problema di tale portate, è a dir poco scandaloso. 

Sul sito della regione i dati più aggiornati sul flusso turistico risalgono al 2013, e questo già la dice lunga sulla capacità di analisi degli uffici regionali, in Sicilia si sono avute nel 2013 oltre 14 milioni di presenze, di cui 1,3 milioni hanno visitato la provincia di Siracusa, che ha avuto, rispetto all’anno precedente, un incremento del 11,3 %, un vero e proprio record rispetto a tutte le altre province siciliane.

Qual’è la risposta ad una tale impressionante crescita del flusso turistico siracusano, che tra l’altro sostiene un economia in fase di riconversione in chiave ricettiva, da parte dei maggiori responsabili dei nostri beni culturali: rassegnazione, rammarico, fatalismo levantino.

Ma è mai pensabile che chi è istituzionalmente preposto al problema, e ripagato per questo con lauti compensi, riesca a produrre solo questo tipo di risposte ? Se la respons-abilità è infatti la capacita di dare risposte, questo tipo di approccio al problema fa di loro dei veri e propri "irresponsabili" in quanto incapaci di dare risposte, che invece sarebbero tenuti a dare in modo competente e calibrato alle diverse problematiche.

Ma si sa l’Italia, e ancor di più la Sicilia, è il paese in cui si rifugge dal concetto di responsabilità, la colpa è sempre degli altri ! 

Secondo l’assessore:
dei dirigenti delle varie sovrintendenze che non gli forniscono, a sei mesi dal suo insediamento (a proposito quanti assessori al ramo ha avvicendato Crocetta in poco più di due anni ?) “un quadro della situazione” . 

Secondo la sovrintendente di Siracusa:
oltreché della pioggia (sic) anche dal governo regionale che non mette a disposizione fondi sufficienti.
Insomma la responsabilità non è loro, vuoi vedere che la colpa è del cittadino siciliano o dei 14 milioni di turisti che hanno visitato la nostra regione negli ultimi anni ? 

In realtà la paradossale gestione dei nostri beni culturali dimostra inequivocabilmente come senza uno scatto d’orgoglio da parte della cosiddetta "società civile" che denunzi senza mezzi termini l'inefficienza di certa politica e di certa dirigenza, non si andrà, ancora per tanto tempo, verso un reale cambio di rotta. 

I soggetti sociali del territorio possono infatti fare qualcosa; associazioni, sindacati, partiti, operatori economici, parrocchie, professionisti, tutti i cittadini interessati, devono mobilitarsi per pretendere risposte e suggerire correttivi, offrendosi anche, quando possibile, come antidoto alla cronica inadempienza  di certi uffici. Bisogna denunciare con forza, ed a tutti i livelli, l'assoluta incapacità dimostrata fin'ora dal governo regionale e specificatamente dagli assessorati ai beni culturali ed al turismo. (Che ne è stata, a proposito, della famosa cabina di regia BB.CC/Turismo ?)





Siracusa, Museo regionale P.Orsi
l'avviso di chiusura per "mancanza di personale" del 31/01/2016 attaccato con due cerotti !





Bisogna anche considerare che nella città di Siracusa gran parte dei monumenti archeologici, al di fuori del parco della Neapolis, sono chiusi per “mancanza di personale”. Sono sbarrati al turista solo per citarne alcuni: il tempio di Zeus olimpico, il ginnasio romano, il maestoso castello Eurialo e diversi altri. La motivazione, oltre alle sempre utile “mancanza di personale” è che sono, in una città con un enorme potenziale di offerta archeologica e monumentale, beni secondari, e come tali poco visitati. 





Siracusa, Tempio di Zeus...
CHIUSO !





Siracusa, Ginnasio romano...
CHIUSO !







Siracusa, Castello Eurialo...
CHIUSO !










La realtà anche in questo caso è un'altra da quella che qualcuno vuol fare apparire: non sono poco visitati per un eccesso di offerta ma perché non adeguatamente proposti. I vari siti non “fanno rete” tra loro, non esiste una mappa archeologica-turistica di tutto il territorio comunale, non è possibile usufruire di un biglietto cumulativo, i mezzi di trasporto sono assolutamente carenti se non inesistenti, la gran parte non sono dotati di alcun tipo di servizio connesso, mancano: indicazioni stradali, materiale divulgativo, posteggi, punti di ristoro. 

Ma si sa per i politici ed i burocrati regionali sono i turisti che devono adattarsi allo stato di fatto, già è molto che li accogliamo, garantire loro anche l’esperienza di un soggiorno nella nostra città alla pari con tante altre nel mondo (che spesso vantano un patrimonio archeologico, monumentale e paesaggistico infinitamente più modesto) sarebbe troppo ! 

In ogni caso i loro consistenti stipendi sono assicurati, prescindendo da alcun parametro di valutazione e responsabilità. 

mercoledì 20 aprile 2016

Una passeggiata a ... Centrale idroelettrica del Cassibile

La vecchia centrale dell’ENEL sul fiume Cassibile è posta nella parte terminale della riserva naturale di Cava Grande, si può raggiungere attraverso il cosiddetto sentiero “mezza costa” che attraversa la cava dalla cosiddetta “prisa”, posta a monte, ma chiuso ai visitatori dal 2013 per un incendio, oppure dalla ex SP 83 Avola-Petrara-Tangi.

Ex SP 83 "Avola-Petrara-Tangi"
Percorrete l’autostrada Siracusa-Gela, uscite ad Avola ed imboccate subito dopo lo svincolo, la prima traversa a destra che incontrerete da qui troverete già le prime indicazioni per la centrale.







Se non volete, o potete camminare a lungo su una strada asfaltata potete procedere con la vostra auto ancora per circa 4 km fino a che la strada non diventa sterrata. Posteggiata la vostra auto, sempre in modo da non intralciare la circolazione di altri mezzi, incamminatevi lungo la stradina davanti a voi. Dopo poche centinaia di metri sulla vostra destra, al di la di un rigoglioso “giardino” d’aranci potete ammirare due dei numerosi mulini animati dal corso del fiume.

Mulino "Nuovo" o "Toscano"
Si tratta, al di la del fiume, del mulino vecchio o Loffredo, dal nome della famiglia proprietaria i marchesi di Cassibile, mentre sul versante destro potrete vedere il cosiddetto mulino nuovo o Toscano dal nome di un vecchio conduttore. 

Interno del mulino "Toscano"
Soprattutto il mulino Toscano risulta ancora in buono stato di conservazione sono ancora visibili le macine cosi come il salto e il deflusso, punti di accesso e uscita dell’acqua che ne animava le macine.




Per visitare il mulino vecchio dovrete guadare il fiume, ma ne vale certamente la pena anche perchè proprio alle spalle dell’antico opificio vi è un sentiero chiamato "Scala Disa" che conduce al "Cugno Mola", in cui è ubicata la Necropoli del Cassibile, località certamente da visitare.

Mulino "Vecchio" o "Loffredo"


I "Casi rosa"
Dopo aver visto i due mulini, ritornate sulla strada dove avete lasciato la vostra auto e proseguite fino a raggiungere un bivio che alla vostra sinistra vi porterà verso le cosiddette “Casi rosa”, le abitazioni utilizzate dagli operai della centrale fino agli anni ’50 dello scorso secolo. 



Gli edifici che versano in grave dissesto, consentono però di cogliere ancora gli standard abitativi del tempo. Proseguendo sulla stessa stradina appena imboccata dopo poche decine di metri ecco apparire la maestosa palazzina uffici della centrale anche di colore rosa, colore molto diffuso all’epoca per l’utilizzo quale rivestimento esterno del cosiddetto “cocci pesto” ricavato dalla polverizzazione delle tegole d’argilla.

La palazzina uffici


Anche la palazzina uffici versa in stato di evidente abbandono, a giudicare dal tappeto di pallini di plastica presenti, è però scelta come scenario di guerra dagli amanti del soft air.

L'ingresso del rifugio antiaereo






A proposito di guerra, dopo una veloce ricognizione della palazzina uffici, non mancate di visitare il piccolo rifugio antiaereo posto proprio a ridosso della cava grande e risalente all’ultimo conflitto mondiale. 













Interno del rifugio





Provvisto solo di una piccola stanza il rifugio sbuca però su di un picco dove è possibile ammirare uno splendido scorcio della Cava Grande.

Vista della cava e della centrale dall'uscita del rifugio
Lasciate le case e gli uffici e attraverso una scaletta raggiungete la stradina percorsa precedentemente dopo poche centinaia di metri raggiungerete lo spiazzale di accesso alla centrale, delimitato da un cancello d’ingresso.





Dall’esterno, l’ingresso è infatti vietato ai non addetti ai lavori, si possono ancora vedere le grosse turbine animate dal poderoso salto dell’acqua incanalato dalla sommità attraverso una grossa conduttura. 
La centrale costruita tra il 1908 ed il 1910, che forniva al tempo l’intero fabbisogno delle province di Siracusa e Ragusa, fu oggetto di una lunghissima lite giudiziaria con i marchesi di Cassibile che rivendicavano antiche concessioni feudali nell’uso delle acque. Fortemente danneggiata dall’alluvione del 1951 la centrale fu presto riattivata ma il sempre crescente fabbisogno energetico ne marginalizzò l’importanza. Seppur ancora in uso la centrale soddisfa oramai, e solo parzialmente, le richieste energetiche della città di Avola e del suo contado.
Da segnalare come lungo le pareti rocciose poste accanto alla centrale vi sono alcune gallerie, la gran parte delle quali puntellate in modo oramai quasi inutile, che sbucavano in direzione di contrada Tangi, attraversando il costone montuoso di Serra Palazzo che sovrasta la centrale.








Vissuta la vostra esperienza di archeologia industriale non vi resta che concedervi il meritato riposo magari, dopo aver fatto un bagno nelle fresche acque del fiume.



Un veloce spuntino e poi di nuovo sulla strada del ritorno, meditando sulla prossima escursione che avete in animo di fare.





Coordinate centrale: 36°57'34.1"N 15°09'08.0"E