martedì 17 maggio 2016

Una passeggiata a... Pantalica (da Sortino)

Raggiunta Sortino seguite la cosiddetta Via Pantalica o SR 11 fino ad uscire fuori dal paese, dopo aver percorso poco meno di un chilometro appena superato il ponte sul Torrente Guccione troverete, alla vostra sinistra, una traversa sterrata che vi condurrà all’Eremo di “Santa Sofia ‘a Rassu”.


L’eremo, cosi chiamato per essere posto fuori dall’abitato attuale, “in basso”, fu costruito nella seconda metà del XVI secolo nei pressi di una piccola grotta dove, secondo le credenze popolari, avrebbe vissuto in eremitaggio la Patrona di Sortino “Santa Sofia”.

L’edificio recentemente restaurato è posto su di un dirupo sotto cui è si trova la cosiddetta “Sorgente di Santa Sofia”, che si sarebbe formata grazie ad un prodigio della stessa Santa.








La facciata della chiesa è piuttosto semplice, caratterizzata solo da un grande portale centrale di forma arcuata delimitato da due colonne che sorreggono una trave merlata e da un finestrone di forma rettangolare; i due pilastri laterali sorreggono il frontone della chiesa. 

Foto: http://www.lct-architettura.it/Restauri/&id=54






All’interno vi è una sola Navata in cui possiamo ammirare la volta lignea (collocata dopo il crollo di quella originale) e gli eleganti altari.
Vicino all’Eremo possiamo anche visitare la “Grotta di Santa Sofia” in cui si crede che al suo interno abbia vissuto “Santa Sofia” fino a quando non venne martirizzata. Questa grotta, adibita ad “Oratorio Rupestre” nel periodo bizantino, ospitò per un certo periodo anche le spoglie mortali di “Santa Sofia” prima di essere trasferite nell’omonima chiesa a Sortino.

Visitata Santa Sofia “a Rassu” proseguite in auto lungo la SR 11 per circa 4,5 km fino ad arrivare all’ingresso di Pantalica detto “lato Sortino”, da qui inizierà la vostra escursione.







Seguite il sentiero che vi condurrà in breve sul costone che sovrasta il torrente Calcinara e proseguite verso il fondo cava, attraverso il caratteristico percorso a scalini intagliato nella roccia viva.








Dopo esservi rinfrescati nelle limpide acque del torrente, guadatelo e risalite l’altro versante della cava.


Da qui inizia la vostra avventura a Pantalica oggetto di due importanti campagne di scavo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 ad opera di Paolo Orsi e poi, intorno agli anni ‘50 del ‘900 da Luigi Bernabò Brea, a loro dobbiamo, ancor oggi, gran parte delle notizie scientifiche sul sito.

Le origini di Pantalica non sono ancora note, certamente la grande comunità sicula che qui viveva venne distrutta da conquistatori greci e solo l’immensa necropoli, che conta circa cinquemila tombe, ci rende testimonianza delle dimensioni che doveva avere in era protostorica, il complesso.
In età greca il sito perse d’importanza fino a diventare zona periferica della città di Siracusa o di altre poleis vicine, mentre un nuovo ripopolamento del sito si ebbe nel periodo della dominazione bizantina. Pantalica vide allora la fondazione non solo di villaggi, che hanno sfruttato e ampliato le grotte delle necropoli preesistenti, e si sono sviluppati spesso attorno alle chiese rupestri, ma anche l’insediamento di una legione militare.

Gli insediamenti “bizantini” di Pantalica si trovano ai margini di una piccola pianura lunga circa 1200 metri e larga 600, racchiusa dal corso dei torrenti Calcinara ed Anapo. Sotto tale pianoro, lungo i fianchi della cava, si possono scorgere le tracce più importanti dei diversi insediamenti umani, costituiti da tre villaggi ognuno dotato di una propria chiesetta rupestre. (http://www.comunesortino.gov.it/download/guida-pantalica.pdf)


Il primo insediamento che troverete venendo “dal lato Sortino” si trova a ridosso della necropoli Cavetta, il secondo villaggio è posto sotto il cosiddetto Anaktoron o Palazzo del principe, nella necropoli Sud con centro religioso l`oratorio di S. Nicolicchio, il terzo e più grande di questi agglomerati rupestri è quello posto tra la necropoli Sud e la sella di Filipporto, composto da più di 150 abitazioni a più stanze e dalla grotta di San Micidiario.



Se la vostra escursione non prevede che un solo giorno vi consigliamo di limitarvi alla visita del primo insediamento quello della Cavetta. L’abitato conta circa 70 abitazioni ed aveva come centro religioso annesso l’oratorio della grotta del Crocifisso.


La grotta è ubicata lungo un viottolo che porta alla Necropoli Nord e presenta un impianto irregolare tendente al rettangolo e sembra essere composta da due ambienti contigui disposti in modo non assiale, la parete anteriore della grotta è franata.
Nella parete di destra si trova l’abside rettangolare, dove Orsi individuò “flebili tracce” di una Crocifissione fiancheggiata da una figura femminile, riconoscibile con la Vergine. Lungo le pareti dell’ambiente di sinistra si nota la figura di San Nicola.






Il dipinto raffigurante una santa non identificata fu staccato all’inizio del XX secolo e si trova attualmente conservato presso i magazzini del museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa.

Foto: http://www.instoria.it/home/pantalica_sicilia_II.htm







Nei pressi del villaggio della Cavetta da segnalare la cosiddetta grotta Trovata, praticabile solo da esperti speleologi, secondo recenti studi geologi si tratterebbe di una “paleorisorgenza”, cioè di una cavità dalla quale fuoriusciva acqua prima dell’abbassamento del livello della falda freatica in seguito al sollevamento tettonico che ha interessò la zona circa un milione di anni fa. Oggi, purtroppo, la grotta si trova in un deprecabile stato di abbandono e molte splendide stalattiti, stalagmiti e colonne sono state distrutte o asportate.

Visitabile invece anche da visitatori non particolarmente attrezzati e la grotta dei pipistrelli, che versa in uno stato di conservazione nettamente migliore, posta su una parete rocciosa sul torrente Calcinara.

La caverna, lunga circa 270 metri, così chiamata perché offre rifugio a una numerosa colonia di pipistrelli, ha un andamento abbastanza orizzontale comodamente percorribile perché larga mediamente una decina di metri.





Seppur non dotata di particolari concrezioni presenta al suo interno le cosiddette “marmitte inverse”, che fanno assumere alla volta un aspetto a cupola più o meno arrotondata. Fino al secolo scorso, come testimoniano anche alcune scritte incise sulle pareti, la grotta è stata intensamente sfruttata dall’uomo come miniera di guano considerato un ottimo fertilizzante naturale.
(http://www.pleinairbds.it)







Vitata anche la grotta dei pipistrelli non vi resta che ritornare dalla stessa strada che avete percorso all’andata, facendo in modo di essere in macchina prima che faccia buio.


Mappa: http://www.pantalica.org/piantap

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