giovedì 10 dicembre 2015

Recensione: Coltello Mora "Robust"

Un coltello a lama fissa, insieme ad un piccolo chiudibile, è un compagno indispensabile in ogni nostra escursione. Tuttavia alcune volte abbiamo incontrato escursionisti attrezzati con coltelli eccessivamente lunghi e pesanti che difficilmente sono realmente utilizzabili. Prima di acquistare un coltello bisognerebbe chiedersi: qual è l’uso principale che ne farò ? Generalmente utilizziamo il nostro coltello per mangiare cioè tagliare pane, salumi o frutta oppure per tagliare una cordicella o fune, insomma per lavori mai eccessivamente gravosi, solo in particolarissimi casi ci potrà capitare di utilizzarlo per usi più intensivi come tagliare o “lavorare” del legno. 
Opinel
Per quasi tutti gli usi comuni dell’escursionista un buon chiudibile, come ad esempio Opinel o Victorinox, assolverebbe egregiamente il suo compito, tuttavia
Victorinox
ritengo che un buon coltello a lama fissa vada sempre portato nel proprio zaino. La sua capacità, in caso di necessità, a resistere a sollecitazioni di gran lunga superiori a quelle di un chiudibile ne fanno infatti, più che un semplice coltello, uno strumento versatile da utilizzare per gli usi più disparati. Non ritenendo il coltello un feticcio ma semplicemente uno strumento a mia disposizione non scandalizzatevi se affermo di averlo utilizzato, alcune volte, per aprire scatolette metalliche, come porta zaino incastrato in una fessura della roccia, o per scavare piccole buche alla ricerca dei lombrichi da utilizzare come esca !
Nella mia lunga esperienza da escursionista ho utilizzato decine di coltelli, generalmente delle marche più blasonate, spesso opere d’arte da ammirare più che strumenti di lavoro. Alcuni di questi, comprati da ragazzo, erano il frutto di lunghissimi mesi di risparmi ma anche di capillari ricerche tecniche che allora, visto l’assenza di internet, si potevano fare solo sulle poche riviste specializzate edite in Italia. Oggi ho ancora gran parte di quei coltelli ma non li porto più con me semplicemente perché sono quasi tutti non utili al mio scopo. 

Viste queste premesse le caratteristiche di un buon coltello da escursione sono, almeno secondo me, queste: 

1) Un buona qualità dei suoi diversi componenti, specie dell’acciaio
2) Una buona maneggevolezza ed un peso ridotto 
3) Un buon rapporto qualità/prezzo 

La domanda fatidica allora è: 
Si possono acquistare “buoni” coltelli da escursionismo a prezzi accessibili a tutti ? 
Secondo me si, e come esempio vi segnalo il modello Robust della Mora of Sweden
Mora Robust
Ricordatevi che il primo punto da tenere in considerazione è la qualità dei suoi componenti il Robust ha una lama in acciaio al carbonio 59/60 hrc con profilo “scandi”, il manico è in gomma TPE antiscivolo mentre il fodero è in plastica. Per quanto riguarda la maneggevolezza il Robust è un coltello tutto sommato piccolo con una lama di poco meno di 10 cm per uno spessore di 3,2 mm, la lunghezza totale è invece di 21 cm , il peso è di soli 100 gr. Veniamo al prezzo di questo piccolo lama fissa, potete trovarlo facilmente in rete dai 13 ai 15 Euro, spesso spedizione compresa. 

Molti diranno che il Robust è: 
1) Brutto ! 
2) Troppo piccolo !
3) La lama al carbonio si ossida !
4) Ha uno spessore della lama troppo basso !
5) Non è un “full tang” ! (cioè manico e lama non sono un tutt’uno)


"Spaccato di un Mora Robust"
Tutte cose probabilmente vere ma, al di là dei gusti personali, “Esistono altri coltelli con queste performance ad un prezzo 10 volte inferiore a quello di un coltello di media qualità oggi disponibile ?” 
La risposta è: No ! 
Vi invito a provarlo sul campo...
non ve ne pentirete !

mercoledì 2 dicembre 2015

Una passeggiata a ... cava Putrisino

Se venite da Siracusa superate l’abitato di Canicattini Bagni e proseguite in direzione Palazzolo Acreide. Raggiungete il bivio di “Passo Ladro” e imboccate la SS 287 in direzione Noto, al km 13, dopo solo cento metri dal ponte ad archi sul fiume Manghisi, sul lato destro, si innesta una stradina asfaltata. Lasciate pure la Vostra auto, sempre in modo che non rechi intralcio anche ai mezzi agricoli più grandi, e seguite a piedi la stessa strada che in breve diventerà sterrata. Dopo aver percorso circa 1,5 km raggiungerete una bella masseria fortificata chiamata Donna Giulia. 

L’edificio rurale prende il suo nome da Giulia De Lorenzo, marchesa del Castelluccio, che alla fine dell’Ottocento ne commissionò la costruzione.
Svoltate a destra e dopo un breve cammino sarete già in vista della cava, ci sono vari accessi ma il più comodo è certamente quello che troverete poco dopo un cancello improvvisato appena terminata la forte discesa lungo il vostro percorso. Entrati nella cava avviatevi verso il torrente, sulla vostra destra fermatevi ad ammirare alcune tombe scavate nella viva roccia e il piccolo romitorio adiacente, tracce superstiti di una delle numerose comunità bizantine che abitavano le nostre cave. Seguite il sentiero scavato nella roccia fino ad arrivare al torrente, da qui non dovrete far altro che seguirne il corso. La cava Putrisino, così come tutte le nostre cave Iblee, seppur ora interamente coperta da una fitta vegetazione, era almeno fino agli anni ’50 dello scorso secolo abitualmente frequentata. 

Allevatori di bestiame che vi portavano i loro animali ad abbeverarsi, contadini delle vicine masserie impegnati nella raccolta della legna da ardere, e l’immancabile presenza del mulinaio che vigilava che la condotta idrica del mulino fosse sgombra da ogni genere di arbusto o sterpaglia e che al tempo della macinatura era accompagnato dalla sua famiglia tutta impegnata 
nella conduzione dell’opificio. In gran parte delle nostre cave la presenza di numerosi alberi da frutto testimonia ancora oggi come la cava fosse frequentata lungo tutto l’arco dell’anno, a Putrisino incontrerete numerosissimi alberi di noce, qualche loto e perfino un albero di mele. Per godere a pieno di queste delizie vi consiglio un escursione nella seconda metà del mese di Novembre, magari le noci saranno oramai quasi completamente fradice ma provate ad assaggiare una delle mele che troverete ai piedi dell’albero, vivrete un esperienza sensoriale oramai pressoché perduta. L’esplosione di sapori e sensazioni che riuscirà a darvi quella semplice mela, oramai destinata ad uno degli animali che vivono nella cava, vi renderà difficile acquistare poi una delle numerose varietà presenti nei nostri centri commerciali.

Stesso discorso per i loti, ben presenti lungo tutto il corso della cava, di cui godrete anche nell’ammirare gli splendidi colori delle sue foglie morte.

Dopo questa breve sosta riprendete il vostro cammino fino ad arrivare al punto in cui il nostro torrente San Marco si immette nel Manghisi, seguendone sempre il corso arriverete al mulino Cirinnà posto sul versante destro. Il mulino oramai pressoché invaso dai rovi è tuttavia ancora visitabile, potrete osservare le due macine, quella bianca del grano e quella lavica destinata all’orzo o all’alimentazione animale, il salto dell’acqua, ed alcuni locali annessi all’opificio come la casetta del mugnaio e l’attigua stalla. Continuate il vostro cammino sempre seguendo la corrente fino al ponte sul fiume Manghisi nei pressi di un altro mulino posto a pochi metri dalla strada statale, dopo una veloce visita anche a questo impianto non dovrete far altro che seguire la strada fino alla vostra macchina che dista solo alcune centinaia di metri.


Coming from Syracuse overcome the town of Canicattini Bagni and head towards Palazzolo Acreide. Reach the crossroads of "Step Thief" and take the SS 287 towards Noto, at km 13, after only a hundred meters from the arched bridge over the river Manghisi, on the right side, it joins a paved road. Please leave your car, always so without causing hindrance to agricultural vehicles even larger, and guests need to walk the same road which soon becomes unpaved. After about 1.5 km you will reach a beautiful fortified farm called Donna Giulia. The rural building takes its name from Julia De Lorenzo, Marchioness of Castelluccio, that at the end of the nineteenth century commissioned the building.
Turn right and after a short walk you will be in sight of the quarry, there are several accesses but the most convenient is certainly what you will find soon a makeshift gate as soon as the sharp fall along your route. Entered the quarry, take your journey into the stream on your right stop to admire some tombs carved into the rock and the adjacent small hermitage, surviving traces of one of several Byzantine communities inhabiting our quarries. Follow the path carved into the rock until you get to the river, from here you just have to follow that course. The quarry Putrisino, as well as all our quarries Iblee, though now entirely covered by dense vegetation, was at least until the 50s of last century frequently visited. Cattle ranchers who brought their animals to drink, farmers from nearby farms involved in the collection of firewood, and the ubiquitous presence of mulinaio who watched the water pipeline of the mill was cleared of all kinds of bush or scrub and at the time of grinding he was accompanied by his entire family engaged in the conduct Opificio. In most of our quarries the presence of numerous fruit trees testifies again today as the quarry was busy throughout the year, to meet Putrisino many walnut trees, some lotus and even an apple tree. To fully enjoy these delights I recommend a hike in the second half of November, maybe nuts are now almost completely soaked but try to taste one of the apples that you will find under the tree, you will experience a sensory experience now almost lost. The explosion of flavors and sensations that he will give you the simple apple, now devoted to one of the animals that live in the cave, then you will make it difficult to buy one of the many varieties found in our shopping centers. Same goes for the lotuses, very present throughout the course of the quarry, you will enjoy even in admiring the beautiful colors of its dead leaves.

After this brief stop resuming your journey until you get to the point where our stream flows into the San Marco Manghisi, following the course always arrive at the mill Cirinnà place on the right side. The mill now almost overgrown with brambles is however still open, you can see the two millstones, the white grain and the lava destined to barley for animal feed, the water jump, and some adjacent areas as the Opificio miller's house and the adjacent barn. Continue your journey always following the current to the bridge over the river Manghisi near another mill just a few meters from the main road, after a quick visit to this facility also will not have to do anything but follow the road up to your machine that is only a few hundred meters.

giovedì 22 ottobre 2015

Una passeggiata a ... Bibbinello

Se venite da Siracusa potete raggiungere contrada Bibbinello dalla strada statale 124, che collega Palazzolo Acreide a Solarino. Al km 84,650, sul lato sinistro, venendo da Palazzolo, si innesta una comoda strada asfaltata facilmente individuabile per la presenza di un cartello riportante la scritta MASCI. Posteggiata la macchina dirigetevi in direzione della cava sottostante fino a che raggiungerete un cancello, su una stradina in cemento, indicato sempre dallo stesso cartello MASCI. Il Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani gestisce infatti la base scout di Bibbinello ideata e realizzata da padre Paolo Ruta e di proprietà della diocesi netina. 


Il cancello pedonale è sempre aperto e permette di raggiungere la cava in modo molto agevole, seguendo la corrente del piccolo corso d’acqua, il torrente Bibbino, già dopo poche centinaia di metri sarete giunti alla base scout. L’unico edificio in muratura è un bellissimo mulino ad acqua ancora integro seppur non funzionante, dall’esterno potrete osservare la canalizzazione, il “salto dell’acqua” e la ruota che permetteva il funzionamento idraulico delle macine. Dalla base scout, sempre seguendo i tracciati pedonali posti lungo il torrente, raggiungerete in poco tempo una delle più grandi chiese rupestri bizantine del siracusano. L'oratorio rupestre di Bibbinello, ampio circa 80 mq, presenta un ingresso di forma rettangolare che conduce ad una grotta artificiale a navata unica della stessa sezione. All’interno, attraverso un piano di calpestio in leggera salita per favorire l’ingresso della luce, si possono notare tracce di altari formati da nicchie di varie forme, probabilmente una di queste doveva fungere da fonte battesimale, e alcune tracce di affreschi oramai pressoché indecifrabili. In fondo, alla fine della piccola navata di pietra, si nota un abside arcuata scavata anch’essa nella roccia. Solo attraverso recenti studi, avvalorati anche dall’analisi dell'orientamento liturgico e dai primi accenni di differenziazione tra navata e area presbiteriale, si è potuto datare l’oratorio ad un periodo non anteriore al VII secolo.

Visitato l’oratorio vi consiglio di proseguire ancora, seguendo sempre il corso del torrente, fino a raggiungere la confluenza con il fiume Anapo, nelle pareti del tratto terminale della cava incontrerete infatti una vasta necropoli utilizzata fino in epoca bizantina. Il sito funerario di Bibbinelo, utilizzato già in età sicula, una sorta di appendice sudoccidentale della necropoli di Pantalica, presenta numerose tombe a grotticella artificiale scavate nella roccia sparse per gran parte delle pareti della cava.
Visitata la necropoli si può prevedere un ritorno attraverso la valle dell’Anapo, sul tracciato della vecchia ferrovia Siracusa-Vizzini (uscendo verso Ovest a Palazzolo o alla vecchia stazione di Cassaro-Ferla verso Est) oppure si può ritornare alla macchina, risalendo la cava, dagli altopiani adibiti a pascolo della contrada.

giovedì 24 settembre 2015

Una passeggiata a ... Bosco di Baulì

Una passeggiata nel bosco di Baulì è un esperienza davvero particolare, non richiede grosse doti fisiche, può essere praticata senza equipaggiamenti particolari ma soprattutto rigenera come un sorso d’acqua di fonte nella calura estiva. 
Raggiungere il bosco di Baulì è semplicissimo, venendo da Siracusa, a pochi km da Palazzolo, lungo la strada statale 287, si trova una comoda  traversa asfaltata che indica la località. Da qui basta seguire le indicazioni per circa 2 km per raggiungere uno dei numerosi accessi al bosco. Il più facile da localizzare è posto proprio di fronte le grandi “case Iudica” che fungevano, fino alla metà del corso del secolo scorso, da centro propulsivo della conduzione agricola dell’ex feudo ed ora destinate ad attività turistica. 

Fonte: Google Maps
L’ingresso di cui parliamo è facilmente individuabile anche dal suo caratteristico abbeveratoio monumentale posto proprio all’inizio della stradina poderale che ci porterà all’interno del bosco. L’abbeveratoio riporta in alto, in bassorilievo, anche l’effige del barone Iudica che ne commissionò la costruzione. 
Il toponimo Baulì è quasi certamente di origine araba e secondo alcuni studiosi dovrebbe essere la traslitterazione delle parole “Abu-Ali” cioè “Padre di Alì”. Secondo altre fonti il nome del luogo risalirebbe al termine “Baulef”, dato che alcuni documenti di età araba attestano che il sito era chiamato “Rahalbalata” con il significato di casale rupestre.

Inevitabile citare, ma solo per gli escursionisti più “ferrati”, i “ddieri” di Baulì posti sul versante opposto della cava omonima. I “ddieri” sono abitazioni e luoghi religiosi rupestri abitati da piccole comunità di età bizantina, databili tra il IV e il V secolo d.C., costrette dalle ripetute ed impunite incursioni  saracene, a rifugiarsi nell’entroterra. Una visita ai “ddieri” è certamente da consigliare non mancando però di documentarsi opportunamente sul percorso da seguire, sulle attrezzature necessarie e più in generale sul fenomeno degli insediamenti rupestri in età bizantina.
Ritornando al bosco, meta della nostra passeggiata, è adeguatamente servito da numerose stradelle sterrate, che consentono di attraversare comodamente uno degli ultimi boschi originari del nostro territorio. A Baulì si possono osservare diverse piante tipiche della macchia mediterranea, oltre ai lecci che la fanno da padrone, vi sono roverelle e frassini, inoltre sono presenti numerosissime specie botaniche minori come il biancospino, la nepitella, l’alisso e la bardana. La fauna presente è altamente elusiva tra i mammiferi sono certamente presenti la volpe, la lepre, l’istrice e diversi mustelidi, tra i volatili invece non è difficile imbattersi in colombacci, tordi e beccacce nonché nei numerosi rapaci sia diurni che notturni che popolano il bosco. 

Vi consiglio di scoprire il bosco da voi stessi seguendo le diverse stradelle che incontrerete via via lungo il vostro percorso, se temete di perdervi utilizzate qualche piccolo accorgimento per segnare il vostro passaggio, ma lasciatevi andare, esplorando avidamente l’ambiente con il vostro sguardo con il vostro olfatto ma soprattutto con il vostro intelletto.
Una passeggiata nel bosco di Baulì è secondo me un esperienza molto particolare in quanto appare evidente come l’aspetto antropico della conduzione agricola dei fondi non è assolutamente da considerare aliena dal bellissimo contesto naturale. Baulì non è uno di quei boschi finti reimpiantati dal demanio forestale, divenuto oramai il latifondista unico delle nostre contrade abbandonate. Il bosco che attraverseremo è un ambiente vivo, ne mummificato, ne circondato da filo spinato e da aride tabelle che hanno il solo scopo di farci sapere di un luogo solo quello che non possiamo farvi ! 

E’ reso vivo dalle mucche e dai maiali al pascolo, dalle stradelle che lo percorrono, e perfino dalle stesse recinzioni che lo suddividono sobriamente, tutte dotate di cancelletti che facilitano l’accesso. Anche il taglio e la gestione del bosco, diligentemente praticato dai proprietari, è paradossalmente esso stesso vita, ha infatti garantito la sopravvivenza di uno splendido micro eco sistema che vale la pena visitare.

A walk in the woods of Baulì is a very special experience, does not require huge physical gifts, can be practiced without special equipment but also regenerates as a drink of spring water in the summer heat.
Reach the forest Baulì is easy, coming from Syracuse, a few km from Palazzolo, along highway 287, it is a convenient cross asphalt indicates the location. From there just follow the signs for about 2 km to reach one of the many entrances to the forest. The easiest to locate is placed right in front of the large "houses Judica" that served, until the middle of the last century, from the run agricultural heartland of the former fiefdom and now destined to tourism.
The entrance of which we speak is easily detectable by its characteristic trough monumental place right at the beginning of the farm road that will take us through the woods. The watering hole back up, relief, even the image of Baron Judica who commissioned its construction.
The name Baulì is almost certainly of Arab origin and according to some scholars should be the transliteration of the words "Abu-Ali" which means "Father of Ali." According to other sources the name of the place dates back to the term "Baulef", since some documents old Arab attest that the site was called "Rahalbalata" with the meaning of house rock.
Inevitable quote, but only for walkers "shod", the "Ddieri" Baulì of seats on the opposite side of the quarry of the same name. The "Ddieri" are cave dwellings and religious places inhabited by small communities of the Byzantine period, dating from the fourth and fifth centuries AD, forced by the repeated and unpunished Saracen raids, to flee inland. A visit to "Ddieri" is certainly not lacking, however, to recommend to read up appropriately for the way forward, the necessary equipment and, more generally, on the phenomenon of rock settlements in the Byzantine period.
Returning to the forest, half of our walk, is adequately served by numerous unpaved side roads, enabling them to cross comfortably one of the last original forests of our region. A Baulì you can see different plants typical of the Mediterranean, in addition to oaks that are the masters, there are oak and ash trees, there are also numerous smaller plant species such as hawthorn, catmint, alyssum and burdock. The fauna is highly elusive among mammals are certainly the fox, hare, porcupine and several weasel, among birds however not difficult to come across pigeons, thrushes and woodcock and many birds of prey in both day and night life of the forest.
I advise you to discover the forest by yourself by following the various side roads you will encounter gradually along your route, if you fear getting lost used some small measure to mark your passage, but let go, eagerly exploring the environment with your look with your sense of smell but also with your intellect.
A walk in the woods of Baulì is in my opinion a very special experience as it is obvious that the appearance of anthropic agricultural management of the funds is not absolutely alien to be considered by the beautiful natural setting. Baulì is not one of those fake replanted forests from forest property, which has now become the sole landowner of our land abandoned. The forest that we cross is a living environment, they mummified, it surrounded by barbed wire and arid tables are only intended to let us know of a place that we can not only make you!
It 'made alive by cows and pigs grazing by private lanes that cross it, and even by the same fences that divide it soberly, all equipped with gates that facilitate access. Even cutting and forest management, diligently practiced by the owners, it is paradoxically the same life, has ensured the survival of a wonderful micro eco system that is worth visiting.

lunedì 7 settembre 2015

Il semaforo di Belvedere (Siracusa)

Il semaforo di Belvedere non è uno di quei dispositivi che tutti conosciamo, impiegati nelle nostre città per regolare il traffico, ma un edificio adibito in passato a vero e proprio centro di comunicazione, progettato per consentire il collegamento telegrafico delle navi con la terra ferma.
Oggigiorno non è facile rendersi conto dell’importanza di tali stazioni di telecomunicazione e delle loro funzioni in ambito militare, commerciale o sanitario, tuttavia occorre considerare che per lungo tempo hanno svolto un ruolo fondamentale per la navigazione, l'avvistamento marittimo e la meteorologia, in un epoca in cui la telegrafia senza fili era ancora agli albori.
Nei primi decenni del ‘900, i semafori, oggi tutti dismessi e pressoché dimenticati, erano oltre 80, strategicamente collocati lungo le coste della nostra penisola, nel 1962 ne restavano in servizio soltanto 14.
Per comprendere la funzione e l’importanza dei semafori per la navigazione marittima è però opportuno risalire alle prime forme di comunicazione a distanza, che furono avviate durante il periodo napoleonico.

Nel 1793 il francese Claude Chappe e il fratello presentarono al pubblico il modello di un telegrafo ad asta, una sorte di braccio rotante con alle estremità due bracci minori, che installato perlopiù su di una torre, consentiva, mediante le diverse combinazioni di posizione dei bracci, di trasmettere lettere e numeri.

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Il sistema ebbe successo e nei decenni seguenti si sviluppò una rete di centinaia di stazioni, che collegavano Parigi con le zone periferiche della Francia, per poi spostarsi fuori confine, seguendo l'espansione dell'impero napoleonico. Napoleone, entusiasta del nuovo sistema, soprattutto perché consapevole dell'importanza delle comunicazioni in campo militare, commissionò anche numerose stazioni telegrafiche mobili da installare sui campi di battaglia. La rivoluzionaria forma di comunicazione è tra l’altro citata nel romanzo Il conte di Montecristo di A.Dumas, il conte si vendicherà infatti di uno dei suoi nemici, il banchiere Danglars, trasmettendogli notizie false, che lo porteranno al fallimento.
Queste postazioni in Italia presero il nome di “semafori” proprio perché usavano il cosiddetto alfabeto semaforico o “telegrafi ottici” perché i collegamenti erano effettuati tramite segnalazioni ottiche codificate, tra un punto e quello successivo. Gli impianti dovevano essere posti però a una distanza tale da consentire agli addetti di scorgere i segnali provenienti dalle postazioni collegate, in modo da essere in grado di ritrasmetterli, tale distanza variava generalmente dai 10 ai 20 km. Ulteriore limite al telegrafo ottico era rappresentato dall’impossibilità a comunicare efficacemente durante le ore notturne.
Il successivo passo tecnologico riguardo le telecomunicazioni avvenne nel 1837, quando Samuel Morse utilizzò per la prima volta il suo codice mediante telegrafo, effettuando una  trasmissione tra Washington e Baltimora.


Carlo Matteucci
Nel 1847 si assiste all’introduzione anche in Italia, del primo telegrafo elettromagnetico a quadrante, tra Pisa e Livorno, da parte di Carlo Matteucci.
Qualche anno dopo, già nel 1852, anche il Regno delle Due Sicilie istituisce la sua prima rete telegrafica completa, una delle più efficienti e capillari d'Europa. Gli anni focali di questo inarrestabile progresso delle telecomunicazioni, assistettero alla nascita dello stato unitario, nel 1869 fu istituito il servizio semaforico italiano come servizio pubblico, e quindi a disposizione anche dei privati. La rete semaforica era collegata con quella telegrafica nazionale, a sua volta collegata con le reti di molti Paesi, che avevano attivato anch’essi una rete di semafori lungo le coste. Nel 1870, la prima rete semaforica costiera integrata con filo elettrico, del Regno d'italia, passò per competenza alla Regia Marina, 
Ulteriore balzo tecnologico rappresentarono i primi lavori di telegrafia senza fili che furono eseguiti nel 1891 da Nikola Tesla, tuttavia fù l’italiano Guglielmo Marconi che nel giugno del 1896 (con un anno di anticipo su  Tesla) depositò per primo il brevetto di un sistema telegrafico senza fili, mediante il quale nel dicembre del 1901 inviò segnali attraverso l'Atlantico.
Nasce così la radio e, già nel 1907, vengono stabilite le prime comunicazioni transoceaniche affidabili. Le prime radio anche se non ancora in grado di trasmettere la voce, erano però idonee ad inviare segnali acceso/spento, potevano quindi usare il codice Morse. 

Foto Marco Monterosso
Nel 1889, come si evince da una lapide marmorea posta al secondo piano dell’edificio, veniva costruito il Semaforo di Belvedere, il sito prescelto posto ad un altitudine di circa 200 mt slm permetteva una chiara identificazione, con conseguente comunicazione, del naviglio presente all’interno della porzione di costa a nord di Siracusa fino ad Augusta, ma anche dello stesso porto grande di Siracusa.
I posti semaforici novecenteschi, come quello di Belvedere, erano veri e propri uffici telegrafici dotati di attrezzature e personale della Marina, che per le loro funzioni “civili” applicavano le normative previste appositamente dal Ministero delle Poste e Telegrafi.
Disimpegnavano il servizio dei telegrammi semaforici, il cosiddetto “servizio di scoperta eventuale”, e quello dei telegrammi meteorologici sia di Stato che per il pubblico.
Seppur gestiti da personale militare, in genere, gli uffici semaforici erano aperti al pubblico, anche se negli ultimi decenni del loro funzionamento, i semafori svolgevano soltanto servizi che venivano loro richiesti via telegrafo, anche in ragione del loro particolare posizionamento in luoghi non facilmente accessibili.
Per espletare il servizio, l’amministrazione delle poste e telegrafi forniva ai semafori i necessari stampati e bolli databili, mentre il Ministero della marina provvedeva ai contrassegni ufficiali e alle altre dotazioni occorrenti.
Nel 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia, oltre ai compiti già menzionati si aggiunse, anche per il semaforo di Belvedere, il compito di avvistare e segnalare le navi e degli aerei da guerra nemici.
Nel 1923 fu istituita la Regia Aeronautica come forza autonoma, ed in seno ad essa, nel 1925 il Servizio Meteorologico Nazionale. Inizia cosi la duplice compilazione dei bollettini meteorologici: da parte della Marina, per quanto riguardava le sue competenze marittime e da parte dell’Aeronautica che aveva invece carattere nazionale, da allora il nostro semaforo fu presidiato ed abitato sia da marinai che da avieri. 

Il semaforo di Belvedere in una foto databile primi decenni del '900

Un decennio dopo, nel 1936, sarà l'Aeronautica a presiedere tutta l'attività meteorologica italiana, attraverso il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica, inizia in quegli anni, anche il sondaggio verticale dei venti in quota mediante il lancio di palloni aerostatici, servizio cessato nel 1943, ai marinai restò così competenza esclusiva quale posto di telecomunicazione marittima.
A partire dal 1939 il semaforo diventò Centro Raccolta Notizie della Difesa Contraerea Territoriale della Milizia Fascista.
Con la firma dell’armistizio, di fatto i semafori, come gran parte delle strutture militari, rimasero senza ordini ed evacuati, la situazione di sbandamento generale durò sino ai primi mesi del 1944, quando il servizio riprese in modo regolare mediante osservazioni meteorologiche da parte di personale congiunto della Marina e dell'Aeronautica, ciascuno per i propri compiti istituzionali.

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Nel 1952 il ministero delle Poste emanò le cosiddette “Istruzioni sul servizio dei telegrammi e marconigrammi” che ci consentono di avere una chiara visione dei principali compiti affidati ai semafori in tempo di pace, che consistevano nel ricevere ed inviare telegrammi alle imbarcazioni in navigazione, e nella richiesta, la cosiddetta “scoperta”, di essere avvisati al passaggio di una determinata nave. La convivenza tra la marina e l’aviazione perdurò fino al 1955, in tale data avvenne il definitivo trasferimento del personale militare, in quanto il servizio di segnalazioni non era più necessario visto l'avvento della radio di bordo, con la conseguente soppressione della categoria dei “segnalatori” di marina.
Nel 1957 il semaforo, fu dato in custodia ad una famiglia di Belvedere, gli Storniolo, che vi abitarono con i loro 9 figli, fino al 1971. Da allora il semaforo di Belvedere, incustodito e svuotato delle sue funzioni originarie, è andato lentamente incontro ad un degrado progressivo e fatto oggetto di ripetute azioni vandaliche, nonostante continuino a fare bella mostra di se i cartelli indicanti la sua vecchia valenza militare. 
Il 3 e 4 Settembre 2015 la nostra associazione, insieme ad altre del territorio, ha collaborato alla prima riapertura al pubblico del semaforo di Belvedere, grazie ad una concessione dell'Agenzia del Demanio che gestisce la struttura.
Locandina della riapertura al pubblico
del Semaforo di Belvedere 
il 3 e 4 Settembre 2015
Fonti: 
http://www.usticasape.it/da-ustica-claudio-la-valle/
http://www.ilpostalista.it/sommario_116.htm
http://www.edizionieuropee.it/data/html/37/zn67_04_001.html
http://www.marina.difesa.it/storiacultura/fari/storia/Pagine/default.aspx
http://www.marina.difesa.it/storiacultura/ufficiostorico/Pagine/default.aspx
http://i.ebayimg.com/t/ut236-siracusa-belvedere-col-semaforo-ed-il-telegrafo-/00/s/MTAwNFgxNjAw/z/rTUAAOxygj5SmL0m/$_57.JPG
http://libreriainternazionaleilmare.blogspot.it/2013/05/storia-del-mondo-dei-semafori-e-delle.html
http://www.capofigari.it/storico-luogo.php?id=4&lang=ita
http://clima.meteoam.it/Download/CapoPalinuro.pdf
http://it.wikipedia.org/wiki/Semaforo_marittimo
http://www.panoramio.com/photo/76772868
http://italy.seatizen.com/italy/SPLaMaddalena/aprodo.asp?dest=La%20Maddalena
http://www.ilpostalista.it/sommario_136.htm
http://salinaeolie.tumblr.com/post/111402312960/semaforo-sopra-pollara-a-malfa-osservatorio
http://www.ponzaracconta.it/2013/11/19/il-telegrafo-nel-regno-delle-due-sicilie/
http://reteduesicilie.blogspot.it/2013/11/il-telegrafo-nel-regno-delle-due-sicilie.html
http://www.lamicodelpopolo.it/cultura/item/849-il-telegrafo-visuale-borbonico.html#.Ve1WySXtmko

mercoledì 26 agosto 2015

Padri e figli.... in campo, insieme

Quanto tempo trascorriamo con i nostri figli ? No non voglio dire quanto ci vediamo ma quanto ci frequentiamo ? Quanto ci parliamo ? 
La letteratura pedagogica è ricca di riferimenti alla mancanza di comunicazione tra padri e figli, all’indifferenza e perché no all’ostilità, più o meno manifesta, dei propri figli. Fino ad un certo punto, un rapporto di tipo “conflittuale” è sempre stato nella natura stessa del processo di evoluzione che porta il bambino, attraverso l’adolescenza, a divenire adulto. Non faremmo onore all’intelligenza di ognuno se negassimo di aver avuto anche noi, come tutti, problemi di comunicazione con i nostri genitori, troppe diversità, (l’abbigliamento, i gusti alimentari e quelli musicali, cosi come l’approccio alle nuove tecnologiche, solo per citarne alcune) ci distinguevano dai nostri padri. Forse, tuttavia, partendo dalla semplice consapevolezza che noi ed i nostri figli non dobbiamo considerarci necessariamente uguali, potrebbe aiutarci a diminuire la tanto studiata incomunicabilità generazionale. 
I genitori di figli adolescenti quarantenni, oggi forse sempre più verso i cinquanta, che scimmiottando i comportamenti giovanili, pretendono di vestirsi come loro, di avere lo stesso tatuaggio, di parlare il loro stesso linguaggio non capiscono di rappresentare, agli occhi dei loro ragazzi, nient’altro che un aberrante imitazione di ciò che in realtà non potranno più essere, dei giovani. Forse un genitore che facesse davvero il suo mestiere di “vecchio”, essendo semplicemente se stesso, con i suoi vestiti e il suo modo di parlare ma soprattutto con le sue idee, aiuterebbe i ragazzi ad individuarne il ruolo di guida e di aiuto alla scuola della vita. I ragazzi vogliono sbagliare da sé non c’è dubbio, ma non serve certamente avere accanto un “genitore coetaneo” per fare di questi sbagli un esperienza da non ripetere, piuttosto che un comportamento utile e se stessi e alcune volte perfino lecito. 
Ci sono luoghi e situazioni in cui è bene che genitori, e figli, non invadano l’un l’altro i reciproci campi di azione, il ragazzo dovrà frequentare i suo amici e i suoi luoghi di socializzazione senza sentire il fiato sul collo dei suoi genitori, cosi come non necessariamente il ragazzo, magari in giacca, dovrà partecipare alla festa di laurea della cugina di secondo grado del padre, che non ha mai sentito nemmeno nominare. Tuttavia credo di poter consigliare un luogo di incontro comune tra padri (e madri naturalmente !) e figli adolescenti, la natura !!! 
 Ovvio che in alcuni casi non sarà facile convincere il proprio figlio a scambiare la comodità del proprio letto, o divano, per trascorrere una giornata o due in un bosco, in montagna o al fiume, comunque, superato lo scoglio di ritrosia iniziale, ritengo che ne valga assolutamente la pena. Scegliete non un camping con centinaia di altri ospiti ma un luogo non molto frequentato, un luogo davvero naturale. La prima volta consigliate vostro figlio sull’equipaggiamento necessario in ogni caso non insistete più di tanto, lasciatelo assolutamente libero di preparare da se le sue cose, anche se siete certi che alcune sono assolutamente inutili mentre mancano altre indispensabili, non preoccupatevi, se seguirete poche semplici indicazioni, l’ambiente naturale farà tutto da sé. La prima indicazione è quella di considerarvi non il suo istruttore, o la sua mammina premurosa, ma semplicemente uno dei due partecipanti ad un avventura comune. Non pianificate tutto con eccessiva cura, tenete pure il vostro passo, non superatelo o aspettatelo, non impeditegli di fare cose strane come venire in ciabatte o con uno zaino carico all’inverosimile o quasi vuoto, lasciate che possa imparare da sé, s’impara infatti di più facendo, e sbagliando, che attraverso mille raccomandazioni !  La natura è l’ambiente ideale per imparare sulla propria pelle che certi errori non conviene ripeterli. Accampatevi dove ritenete, di comune accordo, più opportuno, lasciando se possibile al ragazzo la scelta del luogo, evitando solamente i luoghi chiaramente pericolosi per la conformazione del terreno. Non obbligatelo a pulire il luogo in cui montare le tende o i rifugi, non obbligatelo a raccogliere la legna per il fuoco, insomma lasciatelo assolutamente libero di fare come crede. E chiaro che magari si siederà sfinito dopo solo alcune centinaia di metri di cammino, ma questo fa parte del gioco ! Voi comportatevi come se niente fosse e createvi le comodità che riterrete più opportune in base al tempo a disposizione e alla natura del terreno scelto. 
Alternate momenti di lavoro preparatorio a periodi di riposo e svago, fate un bagno al fiume, suonate uno strumento musicale che avete portato con voi, semplicemente appoggiatevi al tronco di un albero leggendo un bel libro, se riuscite parlate con lui del più e del meno.

Ricordatevi di essere soltanto un suo compagno di avventura e non un padre iperprotettivo. E qui viene la parte difficile… bisogna che evitiate di condividere con lui le vostre comodità e i vostri beni di prima necessità, se non sono frutto di un lavoro comune. Senza la sua collaborazione fate tutto come se foste quasi da soli, non obbligatelo a fare nulla contro la sua volontà. Da alcune esperienze personali ho scoperto che anche il nostro adolescente mutangolo e scontroso capisce bene che è preferibile il caldo di un fuocherello al freddo della notte, o la comodità di un riparo, anche se improvvisato, dal dormire all’addiaccio. Ho anche scoperto sguardi carichi d’invidia quando ho cucinato una bella salsiccia arrosto piuttosto che mangiare come lui una scatoletta di tonno con sottofondo di “papà hai una forchetta in più ? hai portato un limone ? hai del pane ?” Domande a cui ho saputo rispondere stoicamente di no ! 
In natura le comodità abituali, e scontate, della nostra vita di tutti i giorni vanno conquistate, non basta premere un interruttore per trasformare la notte in giorno cosi come non basta spostarsi nella stanza accanto per trovare un letto confortevole. Questo doversi rimboccare le maniche ed essere artefici del proprio destino è la forza istruttrice, e oserei dire pedagogica, della natura. Senza lavoro, impegno, lungimiranza e perché no sacrificio, in natura si vive decisamente male ! Tuttavia basta poco per trasformare un esperienza da incubo, a cui mi raccomando di non sottrarre il vostro amato pargolo, in una piacevole esperienza, occorre solo il vostro tempo, la vostra fermezza di spirito e naturalmente il vostro esempio. 
Dopo qualche mese ho riproposto un'altra escursione …. inaspettatamente ha accettato e direi che è andata decisamente meglio della prima, almeno per lui !!! Spero ne seguano molte altre.

Fathers and sons .... in the field, together

How much time we spend with our children? No I do not mean what we see but what we hang out? As we speak? The pedagogical literature is full of references to the lack of communication between parents and children, indifference and hostility why not, more or less evident, of their children. Up to a certain point, a relationship type "conflict" has always been in the nature of the process of evolution that brings the child through adolescence, to become adult. We would honor the intelligence of everyone if we denied that they had seen us, like everyone else, problems communicating with our parents, too much diversity, (clothes, food tastes and musical, as well as the approach to new technology just to name a few) we distinguished by our fathers. Perhaps, however, starting from simple awareness that we and our children do not necessarily have to consider ourselves equal, it could help to decrease the much studied generational lack of communication. Parents of teenage children in their forties, perhaps today more and more towards fifty, that aping the behavior of young people, claim to dress like them, to have the same tattoo, to speak their own language they do not understand to represent, in the eyes of their children, nothing but an absurd imitation of what in reality can no longer be the young. Maybe a parent who really did his job of "old", being simply himself, with his clothes and his way of speaking but also with his ideas, help children to identify the role of guidance and assistance to school of life. The boys want to be wrong saying there is no doubt, but certainly have no use beside a "parent peer" to make such an experience not to repeat mistakes rather than a useful behavior and themselves and sometimes even legal.
There are places and situations where it is good that parents and children, do not encroach upon each other the mutual fields of action, the boy will have to attend his friends and his places of socialization without breathing down the neck of his parents , so as not necessarily the guy, maybe in a suit, will attend the graduation party of the second cousin of his father, who has never even heard of. However I think I can recommend a common meeting place between fathers (and mothers, of course!) And teenage children, the nature !!!
Obviously in some cases it will not be easy to convince his son to exchange the comfort of your bed, or sofa, for a day or two in the woods, in the mountains or the river, however, it passed the rock of initial reluctance, I think it worth your while. Choose not a camping with hundreds of other guests but a place not very busy, a truly natural. The first recommended your child on equipment needed in any case do not insist too much, let it be absolutely free to prepare with his possessions, even if you are certain that some are absolutely useless and lack other essential, do not worry, if you follow a few simple guidelines, the natural environment will do everything by itself. The first rule is to not consider you his instructor, or his mom caring, but just one of the two participants in a common adventure. Unplanned everything with excessive care, keep your pitch well, not Expect it or beyond it, not impeditegli to do strange things like slippers or come in with a backpack loaded to capacity or nearly empty, let can learn from him, learn in fact it is doing more, and doing wrong, that through a thousand recommendations! Nature is the perfect setting to learn the hard way that some errors should not repeat them. Encamp where you feel, by mutual agreement, more appropriate, if possible leaving a child in the choice of location, avoiding only the places clearly hazardous to the terrain. Do not force him to clean up the place where put up tents or shelters, not force him to gather wood for the fire, then let him absolutely free to do as they wish. Clearly, maybe it will sit exhausted after only a few hundred meters walk, but that's part of the game! You behave as if nothing had happened and CREATE YOUR comfort that you will feel more appropriate according to the time available and the nature of the soil chosen.
Alternating moments of preparatory work in periods of rest and recreation, take a bath in the river, play a musical instrument that you brought with you, just lean against the trunk of a tree reading a good book, if you can talk to him about this and that .
Remember to be only a fellow adventure and not an overprotective father. And here comes the hard part ... we need you to avoid to share with him your comfort and your basic necessities, if not the result of a joint effort. Without his cooperation do everything as if you were almost alone, do not force him to do anything against her will. From some personal experience I found that even our speechless teenager and grumpy understand well that it is preferable to heat a small fire in the cold of the night, or the comfort of a shelter, although improvised, from sleep in the open. I also found eyes full of envy when I cooked a nice roast sausage rather than eat like him a can of tuna with a background of "dad have a fork in the most? You brought a lemon? you have bread? "Questions that I have been able to respond stoically no! In nature the usual comfort, and granted, of our everyday life are conquered, not by a switch to turn night into day so as not just move into the next room to find a comfortable bed. This legwork and be agents of their own destiny is the strength trainer, and I dare say pedagogical nature. Without work, commitment, vision and why not sacrifice, naturally you live very badly! However not take much to turn a nightmare experience, which I recommend you do not steal your beloved offspring, in a pleasant experience, you only need your time, your steadfastness of spirit and of course your example. After a few months I again proposed another hike .... unexpectedly he agreed and I'd say it was much better than the first, at least for him !!! I hope many more will follow.

lunedì 3 agosto 2015

Una passeggiata a ... contrada Cardinale

Venendo da Siracusa percorrendo la strada statale "Mare Monti", superato l'abitato di Canicattini Bagni, proseguire in direzione Palazzolo Acreide. Superato il bivio di "Passo Ladro" (Palazzolo A./Noto) al km 6,5 sul lato destro si innesta una stradina asfaltata riconoscibile da un edicola votiva. Seguendo questa strada, per circa 4 km, raggiungerete le "Case Grandi" di contrada Cardinale (IGM 1:25.00 Canicattini Bagni F.274 Q.III). 

Lasciate qui le vostre auto avendo cura che non intralcino il passaggio dei mezzi agricoli e degli animali. 

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Ora può finalmente iniziare la nostra escursione. Avendo di fronte il portone d'ingresso, svoltare a destra e seguire la strada sterrata che porta al torrente. Dal fondo della cava si può ammirare la maestria con cui è stata edificata la masseria fortificata posta proprio a strapiombo per impedirne l'accesso non desiderato. Dopo aver superato il torrente basteranno poche centinaia di metri in salita per arrivare ad una sorgente d'acqua.




Continuando a seguire la strada e superata la sorgente, alla vostra destra appare quel che rimane del bosco di Cardinale. Il bosco era sicuramente in passato molto più esteso e rigoglioso, ma sottraendo terreno alle coltivazioni foraggere fu progressivamente spinto ed emarginato alle zone meno pianeggianti.






Proprio ai margini del bosco, poste ben in vista lungo la strada, appaiono evidenti alcune tombe "a forno" parte di una estesa necropoli risalenti all'età del bronzo (2200-1100 a.C.) 
Per maggiori informazioni vedi il link sotto la foto: http://www.academia.edu/4481809/La_necropoli_di_contrada_Cugno_Case_Vecchie_nel_territorio_di_Noto_SR_aggiornamento


Da qui dopo aver attraversato i margini del bosco, continuando a seguire la strada imboccata, occorre percorrere circa 3 km fino ad arrivare al cosiddetto "Partitore delle acque" nei pressi dell'abitato di Canicattini Bagni.





Dal partitore inizia la seconda parte dell'escursione per ritornare alle Case Grandi, la strada che consigliamo di seguire è individuabile seguendo (controcorrente !) il canale che adduce le acque del torrente al partitore. Da qui il sentiero battuto lascia il posto ad una rigogliosa vegetazione che non consente di procedere speditamente. Tuttavia la presenza dell'acqua rende il cammino  molto piacevole seppur in alcuni punti ostacolato da folti rovi. 











Giunti nei pressi di una masseria ancora oggi funzionante, dove il canale è stato riadattato a lavatoio (vedi foto) occorre scendere nella cava e risalirla, dal versante opposto, attraverso un sentiero che conduce alla vecchia strada di servizio dell'acquedotto di Siracusa. Giunti sul piano imboccare questa strada a sinistra (a destra ritornereste a Canicattini attraverso l'ex  macello comunale !) 

Dopo un ultima tappa di poco più di 3,5 km, superata la cosiddetta "fontana" (alla vostra destra) e superata una piccola abitazione fatiscente facilmente individuabile per alcuni alti alberi di pino ed eucaliptus, non vi resta che continuare a seguire la strada attraversando una piccola cava per poi risalire verso la vostra auto.

lunedì 20 luglio 2015

Testa dell'Acqua

In un periodo in cui la considerazione dei cittadini italiani nei confronti delle istituzioni europee sembra calare a picco, è proprio grazie ai fondi comunitari, Psr-Sicilia 2007-2013, che è stato possibile intraprendere importanti lavori di riqualificazione del borgo di Testa dell’Acqua, in comune di Noto.


I lavori, per un ammontare di oltre 900.000 Euro, hanno consentito di ristrutturare due simboli di Testa dell’Acqua come la chiesa di Sant’Isidoro e la fontana storica, inoltre è stato possibile intervenire anche sulla messa in sicurezza della strada principale e sulla pubblica illuminazione.


L’attenzione dei comuni capoluogo nei confronti delle borgate contadine del nostro territorio è un segnale importante che testimonia, non solo un generico interesse nei confronti dei pochi cittadini che vi abitano, ma soprattutto un chiaro segnale di riscoperta (meglio tardi che mai !!!) del proprio territorio extraurbano in chiave di promozione e salvaguardia.





Sono tante le borgate contadine del nostro territorio che andrebbero valorizzate cosi da essere  opportunamente inserite all’interno dei circuiti turistici dedicati agli amanti dell’ “outdoor”, con pochi semplici passi si potrebbe far rinascere a nuova vita questi luoghi bellissimi purtroppo ormai pressoché abbandonati.

In a time when the consideration of Italian citizens towards the European institutions appears to be falling straight down, it is thanks to EU funds, RDP-Sicilia 2007-2013, which was possible to undertake major works to upgrade the village of Head of Water , in the town of Noto.

The work, for a total of over 900,000 euros, have allowed us to restructure two symbols of Head of Water as the church of St. Isidore and the historic fountain, was also possible to intervene on the safety of the main road and on public lighting.

The attention of the provincial capitals against peasant villages of our country is an important sign that bears witness, not just a general interest in the few citizens who live there, but also a clear signal of rediscovery (better late than never !!! ) of their suburban territory in terms of promotion and protection.

There are many rural villages of our land should be valued so as to have an appropriate place within the tourist circuits dedicated to lovers of '"outdoor", with a few simple steps you could make a new life these beautiful places unfortunately now almost abandoned.