giovedì 24 settembre 2015

Una passeggiata a ... Bosco di Baulì

Una passeggiata nel bosco di Baulì è un esperienza davvero particolare, non richiede grosse doti fisiche, può essere praticata senza equipaggiamenti particolari ma soprattutto rigenera come un sorso d’acqua di fonte nella calura estiva. 
Raggiungere il bosco di Baulì è semplicissimo, venendo da Siracusa, a pochi km da Palazzolo, lungo la strada statale 287, si trova una comoda  traversa asfaltata che indica la località. Da qui basta seguire le indicazioni per circa 2 km per raggiungere uno dei numerosi accessi al bosco. Il più facile da localizzare è posto proprio di fronte le grandi “case Iudica” che fungevano, fino alla metà del corso del secolo scorso, da centro propulsivo della conduzione agricola dell’ex feudo ed ora destinate ad attività turistica. 

Fonte: Google Maps
L’ingresso di cui parliamo è facilmente individuabile anche dal suo caratteristico abbeveratoio monumentale posto proprio all’inizio della stradina poderale che ci porterà all’interno del bosco. L’abbeveratoio riporta in alto, in bassorilievo, anche l’effige del barone Iudica che ne commissionò la costruzione. 
Il toponimo Baulì è quasi certamente di origine araba e secondo alcuni studiosi dovrebbe essere la traslitterazione delle parole “Abu-Ali” cioè “Padre di Alì”. Secondo altre fonti il nome del luogo risalirebbe al termine “Baulef”, dato che alcuni documenti di età araba attestano che il sito era chiamato “Rahalbalata” con il significato di casale rupestre.

Inevitabile citare, ma solo per gli escursionisti più “ferrati”, i “ddieri” di Baulì posti sul versante opposto della cava omonima. I “ddieri” sono abitazioni e luoghi religiosi rupestri abitati da piccole comunità di età bizantina, databili tra il IV e il V secolo d.C., costrette dalle ripetute ed impunite incursioni  saracene, a rifugiarsi nell’entroterra. Una visita ai “ddieri” è certamente da consigliare non mancando però di documentarsi opportunamente sul percorso da seguire, sulle attrezzature necessarie e più in generale sul fenomeno degli insediamenti rupestri in età bizantina.
Ritornando al bosco, meta della nostra passeggiata, è adeguatamente servito da numerose stradelle sterrate, che consentono di attraversare comodamente uno degli ultimi boschi originari del nostro territorio. A Baulì si possono osservare diverse piante tipiche della macchia mediterranea, oltre ai lecci che la fanno da padrone, vi sono roverelle e frassini, inoltre sono presenti numerosissime specie botaniche minori come il biancospino, la nepitella, l’alisso e la bardana. La fauna presente è altamente elusiva tra i mammiferi sono certamente presenti la volpe, la lepre, l’istrice e diversi mustelidi, tra i volatili invece non è difficile imbattersi in colombacci, tordi e beccacce nonché nei numerosi rapaci sia diurni che notturni che popolano il bosco. 

Vi consiglio di scoprire il bosco da voi stessi seguendo le diverse stradelle che incontrerete via via lungo il vostro percorso, se temete di perdervi utilizzate qualche piccolo accorgimento per segnare il vostro passaggio, ma lasciatevi andare, esplorando avidamente l’ambiente con il vostro sguardo con il vostro olfatto ma soprattutto con il vostro intelletto.
Una passeggiata nel bosco di Baulì è secondo me un esperienza molto particolare in quanto appare evidente come l’aspetto antropico della conduzione agricola dei fondi non è assolutamente da considerare aliena dal bellissimo contesto naturale. Baulì non è uno di quei boschi finti reimpiantati dal demanio forestale, divenuto oramai il latifondista unico delle nostre contrade abbandonate. Il bosco che attraverseremo è un ambiente vivo, ne mummificato, ne circondato da filo spinato e da aride tabelle che hanno il solo scopo di farci sapere di un luogo solo quello che non possiamo farvi ! 

E’ reso vivo dalle mucche e dai maiali al pascolo, dalle stradelle che lo percorrono, e perfino dalle stesse recinzioni che lo suddividono sobriamente, tutte dotate di cancelletti che facilitano l’accesso. Anche il taglio e la gestione del bosco, diligentemente praticato dai proprietari, è paradossalmente esso stesso vita, ha infatti garantito la sopravvivenza di uno splendido micro eco sistema che vale la pena visitare.

A walk in the woods of Baulì is a very special experience, does not require huge physical gifts, can be practiced without special equipment but also regenerates as a drink of spring water in the summer heat.
Reach the forest Baulì is easy, coming from Syracuse, a few km from Palazzolo, along highway 287, it is a convenient cross asphalt indicates the location. From there just follow the signs for about 2 km to reach one of the many entrances to the forest. The easiest to locate is placed right in front of the large "houses Judica" that served, until the middle of the last century, from the run agricultural heartland of the former fiefdom and now destined to tourism.
The entrance of which we speak is easily detectable by its characteristic trough monumental place right at the beginning of the farm road that will take us through the woods. The watering hole back up, relief, even the image of Baron Judica who commissioned its construction.
The name Baulì is almost certainly of Arab origin and according to some scholars should be the transliteration of the words "Abu-Ali" which means "Father of Ali." According to other sources the name of the place dates back to the term "Baulef", since some documents old Arab attest that the site was called "Rahalbalata" with the meaning of house rock.
Inevitable quote, but only for walkers "shod", the "Ddieri" Baulì of seats on the opposite side of the quarry of the same name. The "Ddieri" are cave dwellings and religious places inhabited by small communities of the Byzantine period, dating from the fourth and fifth centuries AD, forced by the repeated and unpunished Saracen raids, to flee inland. A visit to "Ddieri" is certainly not lacking, however, to recommend to read up appropriately for the way forward, the necessary equipment and, more generally, on the phenomenon of rock settlements in the Byzantine period.
Returning to the forest, half of our walk, is adequately served by numerous unpaved side roads, enabling them to cross comfortably one of the last original forests of our region. A Baulì you can see different plants typical of the Mediterranean, in addition to oaks that are the masters, there are oak and ash trees, there are also numerous smaller plant species such as hawthorn, catmint, alyssum and burdock. The fauna is highly elusive among mammals are certainly the fox, hare, porcupine and several weasel, among birds however not difficult to come across pigeons, thrushes and woodcock and many birds of prey in both day and night life of the forest.
I advise you to discover the forest by yourself by following the various side roads you will encounter gradually along your route, if you fear getting lost used some small measure to mark your passage, but let go, eagerly exploring the environment with your look with your sense of smell but also with your intellect.
A walk in the woods of Baulì is in my opinion a very special experience as it is obvious that the appearance of anthropic agricultural management of the funds is not absolutely alien to be considered by the beautiful natural setting. Baulì is not one of those fake replanted forests from forest property, which has now become the sole landowner of our land abandoned. The forest that we cross is a living environment, they mummified, it surrounded by barbed wire and arid tables are only intended to let us know of a place that we can not only make you!
It 'made alive by cows and pigs grazing by private lanes that cross it, and even by the same fences that divide it soberly, all equipped with gates that facilitate access. Even cutting and forest management, diligently practiced by the owners, it is paradoxically the same life, has ensured the survival of a wonderful micro eco system that is worth visiting.

lunedì 7 settembre 2015

Il semaforo di Belvedere (Siracusa)

Il semaforo di Belvedere non è uno di quei dispositivi che tutti conosciamo, impiegati nelle nostre città per regolare il traffico, ma un edificio adibito in passato a vero e proprio centro di comunicazione, progettato per consentire il collegamento telegrafico delle navi con la terra ferma.
Oggigiorno non è facile rendersi conto dell’importanza di tali stazioni di telecomunicazione e delle loro funzioni in ambito militare, commerciale o sanitario, tuttavia occorre considerare che per lungo tempo hanno svolto un ruolo fondamentale per la navigazione, l'avvistamento marittimo e la meteorologia, in un epoca in cui la telegrafia senza fili era ancora agli albori.
Nei primi decenni del ‘900, i semafori, oggi tutti dismessi e pressoché dimenticati, erano oltre 80, strategicamente collocati lungo le coste della nostra penisola, nel 1962 ne restavano in servizio soltanto 14.
Per comprendere la funzione e l’importanza dei semafori per la navigazione marittima è però opportuno risalire alle prime forme di comunicazione a distanza, che furono avviate durante il periodo napoleonico.

Nel 1793 il francese Claude Chappe e il fratello presentarono al pubblico il modello di un telegrafo ad asta, una sorte di braccio rotante con alle estremità due bracci minori, che installato perlopiù su di una torre, consentiva, mediante le diverse combinazioni di posizione dei bracci, di trasmettere lettere e numeri.

http://www.ilpostalista.it/sommario_116.htm
Il sistema ebbe successo e nei decenni seguenti si sviluppò una rete di centinaia di stazioni, che collegavano Parigi con le zone periferiche della Francia, per poi spostarsi fuori confine, seguendo l'espansione dell'impero napoleonico. Napoleone, entusiasta del nuovo sistema, soprattutto perché consapevole dell'importanza delle comunicazioni in campo militare, commissionò anche numerose stazioni telegrafiche mobili da installare sui campi di battaglia. La rivoluzionaria forma di comunicazione è tra l’altro citata nel romanzo Il conte di Montecristo di A.Dumas, il conte si vendicherà infatti di uno dei suoi nemici, il banchiere Danglars, trasmettendogli notizie false, che lo porteranno al fallimento.
Queste postazioni in Italia presero il nome di “semafori” proprio perché usavano il cosiddetto alfabeto semaforico o “telegrafi ottici” perché i collegamenti erano effettuati tramite segnalazioni ottiche codificate, tra un punto e quello successivo. Gli impianti dovevano essere posti però a una distanza tale da consentire agli addetti di scorgere i segnali provenienti dalle postazioni collegate, in modo da essere in grado di ritrasmetterli, tale distanza variava generalmente dai 10 ai 20 km. Ulteriore limite al telegrafo ottico era rappresentato dall’impossibilità a comunicare efficacemente durante le ore notturne.
Il successivo passo tecnologico riguardo le telecomunicazioni avvenne nel 1837, quando Samuel Morse utilizzò per la prima volta il suo codice mediante telegrafo, effettuando una  trasmissione tra Washington e Baltimora.


Carlo Matteucci
Nel 1847 si assiste all’introduzione anche in Italia, del primo telegrafo elettromagnetico a quadrante, tra Pisa e Livorno, da parte di Carlo Matteucci.
Qualche anno dopo, già nel 1852, anche il Regno delle Due Sicilie istituisce la sua prima rete telegrafica completa, una delle più efficienti e capillari d'Europa. Gli anni focali di questo inarrestabile progresso delle telecomunicazioni, assistettero alla nascita dello stato unitario, nel 1869 fu istituito il servizio semaforico italiano come servizio pubblico, e quindi a disposizione anche dei privati. La rete semaforica era collegata con quella telegrafica nazionale, a sua volta collegata con le reti di molti Paesi, che avevano attivato anch’essi una rete di semafori lungo le coste. Nel 1870, la prima rete semaforica costiera integrata con filo elettrico, del Regno d'italia, passò per competenza alla Regia Marina, 
Ulteriore balzo tecnologico rappresentarono i primi lavori di telegrafia senza fili che furono eseguiti nel 1891 da Nikola Tesla, tuttavia fù l’italiano Guglielmo Marconi che nel giugno del 1896 (con un anno di anticipo su  Tesla) depositò per primo il brevetto di un sistema telegrafico senza fili, mediante il quale nel dicembre del 1901 inviò segnali attraverso l'Atlantico.
Nasce così la radio e, già nel 1907, vengono stabilite le prime comunicazioni transoceaniche affidabili. Le prime radio anche se non ancora in grado di trasmettere la voce, erano però idonee ad inviare segnali acceso/spento, potevano quindi usare il codice Morse. 

Foto Marco Monterosso
Nel 1889, come si evince da una lapide marmorea posta al secondo piano dell’edificio, veniva costruito il Semaforo di Belvedere, il sito prescelto posto ad un altitudine di circa 200 mt slm permetteva una chiara identificazione, con conseguente comunicazione, del naviglio presente all’interno della porzione di costa a nord di Siracusa fino ad Augusta, ma anche dello stesso porto grande di Siracusa.
I posti semaforici novecenteschi, come quello di Belvedere, erano veri e propri uffici telegrafici dotati di attrezzature e personale della Marina, che per le loro funzioni “civili” applicavano le normative previste appositamente dal Ministero delle Poste e Telegrafi.
Disimpegnavano il servizio dei telegrammi semaforici, il cosiddetto “servizio di scoperta eventuale”, e quello dei telegrammi meteorologici sia di Stato che per il pubblico.
Seppur gestiti da personale militare, in genere, gli uffici semaforici erano aperti al pubblico, anche se negli ultimi decenni del loro funzionamento, i semafori svolgevano soltanto servizi che venivano loro richiesti via telegrafo, anche in ragione del loro particolare posizionamento in luoghi non facilmente accessibili.
Per espletare il servizio, l’amministrazione delle poste e telegrafi forniva ai semafori i necessari stampati e bolli databili, mentre il Ministero della marina provvedeva ai contrassegni ufficiali e alle altre dotazioni occorrenti.
Nel 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia, oltre ai compiti già menzionati si aggiunse, anche per il semaforo di Belvedere, il compito di avvistare e segnalare le navi e degli aerei da guerra nemici.
Nel 1923 fu istituita la Regia Aeronautica come forza autonoma, ed in seno ad essa, nel 1925 il Servizio Meteorologico Nazionale. Inizia cosi la duplice compilazione dei bollettini meteorologici: da parte della Marina, per quanto riguardava le sue competenze marittime e da parte dell’Aeronautica che aveva invece carattere nazionale, da allora il nostro semaforo fu presidiato ed abitato sia da marinai che da avieri. 

Il semaforo di Belvedere in una foto databile primi decenni del '900

Un decennio dopo, nel 1936, sarà l'Aeronautica a presiedere tutta l'attività meteorologica italiana, attraverso il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica, inizia in quegli anni, anche il sondaggio verticale dei venti in quota mediante il lancio di palloni aerostatici, servizio cessato nel 1943, ai marinai restò così competenza esclusiva quale posto di telecomunicazione marittima.
A partire dal 1939 il semaforo diventò Centro Raccolta Notizie della Difesa Contraerea Territoriale della Milizia Fascista.
Con la firma dell’armistizio, di fatto i semafori, come gran parte delle strutture militari, rimasero senza ordini ed evacuati, la situazione di sbandamento generale durò sino ai primi mesi del 1944, quando il servizio riprese in modo regolare mediante osservazioni meteorologiche da parte di personale congiunto della Marina e dell'Aeronautica, ciascuno per i propri compiti istituzionali.

http://www.ilpostalista.it/sommario_136.htm
Nel 1952 il ministero delle Poste emanò le cosiddette “Istruzioni sul servizio dei telegrammi e marconigrammi” che ci consentono di avere una chiara visione dei principali compiti affidati ai semafori in tempo di pace, che consistevano nel ricevere ed inviare telegrammi alle imbarcazioni in navigazione, e nella richiesta, la cosiddetta “scoperta”, di essere avvisati al passaggio di una determinata nave. La convivenza tra la marina e l’aviazione perdurò fino al 1955, in tale data avvenne il definitivo trasferimento del personale militare, in quanto il servizio di segnalazioni non era più necessario visto l'avvento della radio di bordo, con la conseguente soppressione della categoria dei “segnalatori” di marina.
Nel 1957 il semaforo, fu dato in custodia ad una famiglia di Belvedere, gli Storniolo, che vi abitarono con i loro 9 figli, fino al 1971. Da allora il semaforo di Belvedere, incustodito e svuotato delle sue funzioni originarie, è andato lentamente incontro ad un degrado progressivo e fatto oggetto di ripetute azioni vandaliche, nonostante continuino a fare bella mostra di se i cartelli indicanti la sua vecchia valenza militare. 
Il 3 e 4 Settembre 2015 la nostra associazione, insieme ad altre del territorio, ha collaborato alla prima riapertura al pubblico del semaforo di Belvedere, grazie ad una concessione dell'Agenzia del Demanio che gestisce la struttura.
Locandina della riapertura al pubblico
del Semaforo di Belvedere 
il 3 e 4 Settembre 2015
Fonti: 
http://www.usticasape.it/da-ustica-claudio-la-valle/
http://www.ilpostalista.it/sommario_116.htm
http://www.edizionieuropee.it/data/html/37/zn67_04_001.html
http://www.marina.difesa.it/storiacultura/fari/storia/Pagine/default.aspx
http://www.marina.difesa.it/storiacultura/ufficiostorico/Pagine/default.aspx
http://i.ebayimg.com/t/ut236-siracusa-belvedere-col-semaforo-ed-il-telegrafo-/00/s/MTAwNFgxNjAw/z/rTUAAOxygj5SmL0m/$_57.JPG
http://libreriainternazionaleilmare.blogspot.it/2013/05/storia-del-mondo-dei-semafori-e-delle.html
http://www.capofigari.it/storico-luogo.php?id=4&lang=ita
http://clima.meteoam.it/Download/CapoPalinuro.pdf
http://it.wikipedia.org/wiki/Semaforo_marittimo
http://www.panoramio.com/photo/76772868
http://italy.seatizen.com/italy/SPLaMaddalena/aprodo.asp?dest=La%20Maddalena
http://www.ilpostalista.it/sommario_136.htm
http://salinaeolie.tumblr.com/post/111402312960/semaforo-sopra-pollara-a-malfa-osservatorio
http://www.ponzaracconta.it/2013/11/19/il-telegrafo-nel-regno-delle-due-sicilie/
http://reteduesicilie.blogspot.it/2013/11/il-telegrafo-nel-regno-delle-due-sicilie.html
http://www.lamicodelpopolo.it/cultura/item/849-il-telegrafo-visuale-borbonico.html#.Ve1WySXtmko